Matteo Abbondanza: “Uso la fotografia per mentire, per disturbare l’equilibrio”

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ph. di Matteo Abbondanza

Cammina, osserva, non risparmia domande, esce allo scoperto, apre dialoghi dove gli altri non osano entrare. Alla macchina fotografica chiede di fare ordine nel caos emotivo che porta dentro, di essere il mezzo attraverso il quale può esprimere il suo bisogno di chiarezza. Un rapporto sentimentale fatto di contrasti e punti di rottura, dove cattura momenti: lo straordinario nell’ordinario congelato in uno scatto. Matteo Abbondanza è un fotografo milanese, classe 1976: attraverso composizioni ossessive, accostamenti di forme, combinazioni di piani e di linee, mescola realtà e immaginazione in foto dal chiaro aspetto grafico in cui l’impatto visivo è determinante. Le sue immagini sono una ricerca formale che mira a trasmettere il suo modo di immaginare il mondo: armonico, pulito, essenziale. L’attuale stile fotografico di Matteo è il risultato di percorso cominciato nel 2006 con la street photography, genere approcciato in modo minimalista e geometrico dal quale si è allontanato nel corso del 2017 per seguire la propria ricerca stilistica, basata su un’estetica sempre più netta. Ha esposto in Italia e all’estero, è stato inserito in pubblicazioni fotografiche, organizza workshop centrati sul proprio modo di vedere la fotografia.

“Nel 2006 decisi di intraprendere un viaggio solitario di qualche giorno a Istanbul: comprai una reflex e partii con l’obiettivo di fotografare le scene di vita quotidiana che accadevano laggiù, senza avere un minimo di competenza in materia. Non fu una scelta ponderata, ma istintiva. Col senno di poi posso dire che optai per la capitale della Turchia perché è incasinata almeno quanto lo sono io e che scelsi di fotografare la vita che accade perché avevo bisogno di capire cosa stesse accadendo nella mia. Fu amore, da subito.”

Matteo non immortala la realtà per quella che è, ma per come vorrebbe che fosse: silenziosa, armonica, distesa. Cerca l’opposto in ciò che lo circonda, la quiete per controbilanciare la sua irrequietezza. Giochi di luci e ombre, interazioni tra geometrie urbane e persone, guarda alla moltitudine, soffermandosi sugli angoletti che hanno una dignità all’interno del caos.

“Credo che la fotografia rappresenti uno strumento straordinario per parlare di sé stessi. Nella maggior parte dei casi, però, viene utilizzata per dimostrare, convincere, impressionare, fare colpo, coccolare l’ego. Questo comporta che molte delle foto che vediamo sul web o alle mostre si assomiglino: non parlano di chi le ha fatte, ossia persone diverse tra loro, ma dell’obiettivo che esse vogliono raggiungere con la fotografia, cioè il consenso. E il consenso ha lo stesso aspetto per tutti, di conseguenza anche le fotografie che si fanno per ottenerlo. In fotografia è fondamentale disimparare tutto, le contaminazioni, le foto viste, le influenze, i workshop cui si è partecipato… è necessario impressionare la pellicola con la propria anima, non con ciò che si è imparato. Diversamente si sarà sempre una copia di qualcun altro. Le mie foto sono il risultato di tutto quello che ho vissuto fino ad oggi e a questo risultato concorre tutto ciò che mi è accaduto.”

Nel panorama della street photography, le foto di Matteo si distinguono per la pulizia delle immagini, pochi elementi, netti, precisi, inequivocabili. Non pensa mai a ciò che potrebbe fare si concentra e analizza ciò che fa, a volte quando non ha la macchina fotografica si ferma in posti vuoti e silenziosi, da solo, a scrivere o ad ascoltare musica e a pensare. Fino al 2017 la sua fotografia in bianco e nero puntava tutto su inquadrature e composizioni, bilanciamento delle proporzioni e preciso posizionamento del soggetto. Ad oggi crea immagini, incurante delle aspettative altrui, distante dall’ambiente fotografico.

Dal 28 agosto al 10 settembre scorso sono stati esposti due suoi progetti, presso il M.A.D Mantova Arte Design “My Imagination” e “My Vision”, all’interno di una Mostra “La forma è il contenuto”, coprendo anche il periodo del Festival Letteratura. Una mostra personale nella quale si palesa l’evoluzione del suo lavoro. “My imagination” racconta il bisogno di staccarsi parzialmente dalla realtà. Accosta le nuvole a elementi concreti del mondo, una continua ricerca di libertà ed equilibrio. “My Vision” rappresenta il mondo per come l’autore vorrebbe che fosse. Una visione personale della realtà, una ricerca di verità.

“La mia prima personale, dopo diverse collettive e dopo tante altre attività fotografiche come presentazioni, serate, interviste, presenza in libri… Altre mostre personali seguiranno nel 2021/2022. Un’esperienza intensa che mi ha permesso di avere un contatto diretto con gli osservatori e di comprendere come la fotografia – quando è stampata – assume molta più forza e profondità. La fotografia mostra, non dimostra. Un linguaggio che può essere usato per diversi fini. Io lo uso per mentire.”