“Terra Àncora, terra ancòra”, Cristina Volpi e Cristina Volpi ancora. L’avevamo vista lo scorso anno al Museo Messina di Milano e a distanza di un anno pandemico la ritroviamo, stessa piazza (piazza….) stesso Museo, con un’installazione museale, appunto e la realizzazione di una wunderkammer nella…wunderkammer del Maestro Francesco Messina. Il luogo è l’ex chiesa di San Sisto al Carrobbio, che Milano diede in usufrutto al Maestro diventando il suo studio. Dentro, alcune testimonianze del suo lavoro d’arte ne eternano il nome ai visitatori che non sono mai abbastanza.
Cristina Volpi ha messo tutta se stessa in questa mostra, non solo in senso fisico ma anche e soprattutto in senso simbolico: l’arte, del resto, se non genera suggestioni che arte è?
Ecco allora che torna il filo, il filo di Cristina, che per l’occasione di questa grande mostra si moltiplica e irrobustisce in una grossa cima: una cima vera, una cima marittima. Come vera è l’àncora, che unitamente alla pietra cruda (materiale fornito da Terra Migaki Design) e ai pigmenti di colore terrigno dà forma e sostanza all’installazione che ci accoglie appena varchiamo l’ingresso della chiesa/museo. C’è tutta Cristina Volpi e lo vedremo salendo, al piano superiore. Ma già all’ingresso riconosciamo quella messa in scena visuale dello scandaglio del profondo (tu chiamalo inconscio se vuoi) per mezzo di una fune che, ancorata alla terra/mare, sale dallo spazio interrato al cielo del Museo, per poi ri-piombare giù, fissata al suolo con una pietra fatte di terra cruda (acconsentito toccare). Dice/scrive la Volpi citando Goethe: “Una mappatura di terre provenienti dai diversi continenti sono riunite in un planisfero astratto e concettuale, nel luogo più profondo del Museo: il sotterraneo, il Regno Spirituale delle Madri. Chi è disceso fino alle Madri non ha più nulla da temere” (Faust).
L’ancora, la ri-conociamo dalla marca tipografica del Manuzio, lo stampatore cinquecentesco che aveva fatto un…logo consistente in un àncora e un delfino, con su scritto festina lente: fermati in un luogo ma non in eterno, sii anche come un delfino che corre via e non voltarti mai (va beh, questo sono i Litfiba). Ma sta di fatto che un’àncora è simbolo di fedeltà e stabilità, è un cardine, qualcosa di fermo e certo.
E non finisce qui. Perché salendo (!) nello studio del Maestro Francesco Messina troviamo uno yin uno yang con la ri-scrittura dello spazio attraverso l’ingresso di alcuni elementi che fanno parte costitutiva dell’arredo dello studio milanese di Cristina Volpi: eresia? Usurpazione? Giammai! La ricomposizione di una stanza nella stanza è l’anima della “Stanza di Penelope” e qui ci ri-troviamo in uno dei passaggi fondamentali e fondanti della ricerca artistica della Volpi. Come leggiamo nel comunicato stampa della mostra, “per questa edizione del TMD 2021 si potrà fruire della laboriosità appartenente al mito di Penelope attraverso una meticolosa sintesi di oggetti e attrezzi provenienti dalla sua stanza di lavoro”.
Andate a vedere questa mostra, perché è una delle rare mostre museali di un artista giovane (nel senso che non è ancora storicizzato) che non sono museali tanto per dire o tanto perché sono allestite in un museo: chi viaggia, chi vede le mostre e le fiere in giro per l’Italia e per il mondo, chi vede cosa fanno gli altri, magari USA, magari un po’ più fortunati e più avanti di noi, sa cosa intendo dire.