Fornasieri:”La mia fotografia si genera attraverso una nuvola di perché”

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In una Polaroid attraverso le storie degli altri. A cercare l’immagine che rappresenti le “parole giuste”. Da scorrere perché scritte di getto da chi ce le regala. Dentro vite parallele, in uno spazio che risponde mentre cambia le domande. Farsi “ovunque altrove”. “Seconde storie”, ritagli di vissuto, movimenti, creazioni. Vite sospese, in divenire o già accadute. Fotografie che cercano di fissare un attimo, un momento di qualcuno o di qualcosa che rappresenti un crocevia. Il punto di arrivo di strade precedenti e il diramarsi di quelle successive. In bianco e nero. Foto che “guardano dentro”, indagano, suggeriscono scelte. “Seconde storie” è una pubblicazione sotto forma di libro e una mostra di più di 54 immagini, realizzate in città italiane e in diverse città spagnole. Il “Non luogo” generato da visioni impresse su carta.

Pierfranco Fornasieri, fotografo torinese, abbina le tecniche digitali a quelle classiche. Le sue fotografie con diversi riconoscimenti a livello nazionale e internazionale sono la testimonianza di un grande talento. La continua ricerca di storie altrui è lo specchio dentro il confine del suo sentire. La fotografia diventa il mezzo per eccellenza per acquisire scatti di memoria o frammenti di realtà. E, come in una naturale simbiosi si diventa complici di mondi invisibili. Un potenziale evocativo dentro il quale ognuno può sentirsi libero di creare il suo finale.

“In un progetto fotografico editato esistono gli incipit, i momenti di enfasi, le pause, i punti e virgola, i punti interrogativi e i puntini di sospensione. E per dire la stessa cosa, puoi usare migliaia di modi differenti: per descrivere i quali forse non basterebbero tutte le parole del mondo.”

Feeling Home è l’evento itinerante di GTArt Photoagency, a cui Fornasieri ha partecipato con altri autori, un percorso che è al tempo stesso costruzione di memoria e consapevolezza identitaria. Un viaggio nei corridoi interiori in una cornice di ispirazioni e di stimoli diversi nell’accogliente incontro con la fotografia. Negli ultimi mesi affronta il tema dell’adolescenza cercando di rappresentare quello “Spazio Incerto che esiste fra l’essere bambino e il diventare uomo, scegliendo la realizzazione e l’allestimento delle fotografie sotto forma di dittici. Ad oggi collabora con diverse donne ad un progetto che tratta il tema delle barriere comunicative con l’ambizione di affrontare la tematica da un punto di vista femminile. Un lavoro sui meccanismi che una donna consolida col tempo e che ha come obiettivo quello di deviare l’attenzione indesiderata da parte maschile nei suoi confronti.

Discussioni, mostre, dibattiti, letture e musica sono i suoi principali interessi.

Ma anche: i film di Fellini, i romanzi di Simenon, gli Haiku giapponesi, la musica jazz e quella sinfonica di alcuni compositori nord-europei. La cucina casalinga e la fisica quantistica.

La fotografia arriva prima dei miei interessi, prima della mia passione per l’immagine, prima della mia presa di coscienza. Molti contenuti delle fotografie ci precedono, ma per fortuna aspettano pazienti che noi li si raggiunga prima o poi; noi e la nostra pigra consapevolezza.

Facendo fotografia si sceglie: di tutti i momenti che hai davanti agli occhi, al momento dello scatto ne scegli uno, con una certa inquadratura e uno specifico momento, escludendo di colpo tutti gli altri. Sono d’accordo con chi lo definisce un momento “catastrofico”: una sola inquadratura fra tutte quelle possibili. Roba da restarci secchi a pensarci troppo.”

Fornasieri traduce paure e pensieri nell’atto fotografico. Un contrasto di luce e ombra che sembra mantenere il controllo delle emozioni. La sua “scrittura fotografica” riesce a cogliere l’attimo irripetibile, quell’istante in cui si cattura il momento perfetto, immortale e attraverso il quale si è pervasi da un “sentire comune” che si può leggere ovunque come un “qui” e “ora”.

“Credo che ogni tema toccato all’interno di un progetto debba essere approfondito a sufficienza per poter sopravvivere al fatto che potrebbero chiederti tre volte “perché?” dopo una tua prima risposta, costringendoti ad andare davvero a fondo ad ogni argomentazione.

Ecco. Quando faccio questo esercizio, la risposta al terzo perché si riferisce sempre ad una mia paura.”