Alberto Selvestrel, il pensiero simmetrico dentro la fotografia

0

Soltanto quando scegliamo di perderci dietro molteplici punti di vista ci accorgiamo che la forma è data in potenza: maneggiarla con cura nelle sue prospettive è vera arte. Alberto Selvestrel, torinese di nascita, a soli 17 anni si innamora della fotografia che da subito rivoluziona la sua visione del mondo e il suo occhio dietro l’obiettivo. Essere nel luogo come movimento e sentirsi disorientati da linee, forme, ombre.

Per alcune immagini è questione di istanti, per altre di grande attesa. Lo scatto diventa un atto di comunicazione e Alberto in sintonia con il luogo ci lascia in equilibrio in un mosaico di immagini.

Da alcuni anni espone le sue opere in mostre personali e collettive e ha partecipato a fiere internazionali di arte contemporanea. Ispirato dal fotografo giapponese Yamamoto Masao, che crea immagini dove l’ordinario si rivela straordinario, Alberto, dopo aver osservato con attenzione i suoi lavori e capovolto una propria fotografia, scopre l’inversione della prospettiva.

Parte da qui la messa in discussione del suo concetto di realtà: non sempre ciò che appare è l’unico modo con cui possiamo guardare alle cose del mondo.

Conoscere quello che cerco: questo diventa l’obiettivo nella sua fotografia. I suoi lavori non hanno soltanto un valore estetico, ma anche di documentazione. Architettura e natura sono i due momenti della dialettica dell’immagine. Le fotografie si generano tra di loro: Alberto entra nella sua arte, spettatore ed esecutore, e si lascia accogliere dal dialogo tra i diversi elementi dell’immagine.

Non c’è mai una chiusura definitiva, la bellezza sta nella continua ricerca della sua prospettiva. Ma l’essenza della sua arte sta tutta nel trovare una cifra stilistica che possa fornire spunti di riflessione a chi la guarda. Architettura dentro architettura, rivisita elementi artificiali per lanciarne nuove letture.

Così, il tettuccio della sua macchina si trasforma in uno specchio d’acqua, le nuvole diventano parole, per esprimere in linguaggio il mentre in cui “accade” la fotografia. Durante i suoi viaggi, Selvestrel sente la necessità di uscire senza la macchina fotografica, il primo momento del suo processo creativo è infatti la completa immersione nel mondo che lo circonda.

Nel 2019 pubblica una raccolta di fotografie scattate negli ultimi tre anni. Link è il titolo del suo lavoro, connessione focalizzata sul paesaggio antropico e le sue modificazioni. Ma è nel suo ultimo lavoro Dialogues che Alberto si conferma un vero e proprio filosofo dell’immagine.

Sui social Alberto utilizza spesso una domanda per pizzicare la curiosità dei suoi lettori. “Cosa suscita in te questa foto?” Un rilancio di pensiero, geometrico anche quello di cui però non cerca la simmetria, ma lo spunto per guardare ai suoi lavori attraverso altri punti di vista.

“Quando decisi di iniziare a fotografare fu l’inizio di un cammino obbligato. Iniziai così a sperimentare e a osservare il mondo come un bambino. Avevo bisogno di innamorarmi di ogni sua sfumatura. Il dialogo costante tra uomo, architettura e natura mi ha portato a capire che l’uomo non è qualcosa di diverso dalla natura, ma ne è indissolubilmente legato.

Iniziai un processo di sottrazione che mi portò a concepire la simbiosi tra il mondo architettonico e naturale, rappresentata da un escamotage formale, il “link”. Non ci può essere architettura senza uomo e non ci può essere uomo senza natura. La fotografia mi ha permesso di assaporare l’idea che forse qualcosa può sopravvivere al tempo. È il fascino di questa consapevolezza che mi ha fatto innamorare di questa arte.” (Alberto Selvestrel)