Come l’industria discografica crea il conformismo di massa

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Non è lo sfogo di chi non riconosce più il suo mondo e se la piglia coi giovani. La tentazione, per chi si sceglie una traccia importante e delicata come La musica e i suoi nemici (Uno Editori, 233 pagg, 14,90 euro), sarebbe fatale. Antonello Cresti, musicologo che ha deciso ormai da anni di brandire niccianamente il martello, non ci è caduto. E se presenta una carrellata criticissima sulla musica di oggi non è per cavalcare l’onda vintage che ormai da anni domina l’immaginario collettivo. Semmai per spiegare perché, con tutto ciò che c’è di attuale e contemporaneo, al tempo di internet con l’accessibilità immediata a ciò che più ci piace, alla fine si gira sempre sui vecchi classici.

Impreziosito da tre prefazioni (firmate da Francesco BacciniAndrea Colombini Michele Tabucchi) e una postfazione (Michele Monina), La musica e i suoi nemici è un saggio che, fatalmente, tracima nel pamphlet. Le critiche, furibonde, portate all’attuale sistema discografico sono tanto potenti e articolate da rappresentare un atto d’accusa semplice ma forte.

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