Una delle poche consolazioni, se non l’unica, della situazione legata alla pandemia è che questa offre nuovi stimoli creativi per artisti e scrittori. Un esempio perfetto di questa tendenza è rappresentato dal romanzo Il terzo giorno (Cut-Up, 2020, 96 pagine, 16 euro), scritto dal celebre regista di film horror Lamberto Bava.
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La storia è ambientata in un futuro post-apocalittico, dopo che l’umanità e molte specie animali sono state quasi completamente spazzate via da una misteriosa epidemia, che in soli 3 giorni ha di fatto cancellato la civiltà. A distanza di quasi trent’anni, alcuni superstiti vivono in una comunità rurale con uno stile di vita vagamente hippie.
Il romanzo segue parallelamente le vicende di due coppie di personaggi: Andrea e Gianna, due giovani fidanzati che escono dalla comunità per esplorare il mondo esterno; mentre Giulio e Anna si incontrano a Roma nei giorni del disastro, durante il quale finiscono per innamorarsi e cercare di sopravvivere insieme. Distanti tra loro di decenni, le due storie arriveranno ad incrociarsi, portando alla luce la verità sulle origini della pandemia.
Giunto al suo secondo romanzo, Bava non perde il debole per le storie piene di sangue e terrore che hanno caratterizzato la sua carriera, al cinema come nella letteratura. E lo fa alternando passaggi molto drammatici ad altri in cui fa battute ironiche sulla disorganizzazione tipica di Roma, dimostrando come anche in un genere già utilizzato da molti autori vi sia ancora spazio per inventare e sperimentare storie nuove.