Cultura moderna mainstream e stereotipi da smascherare che, al solo pensiero, viene da chiedersi “Ne abbiamo?”. Dal politico al cantautore impegnato, dal rapper all’accademico sagace che riesce a mandarli a quel paese con stile, Alessandro Longoni, Beppe Salmetti e Riccardo Poli con la regia di Andrea Roccabella spopolano su Radio 24 grazie alla quinta stagione di “Off Topic-Fuori dai luoghi comuni”. La trasmissione scardina e sviscera linguaggi, storie e notizie tramite l’analisi ironica e pungente come una Zanzara di argomenti “off-topici” sempre diversi che, dopotutto, appartengono ad ognuno di noi. Se per il principe del porn groove Immanuel Casto la puntata era dedicata al tema “I gay sono sensibili”, quella volta in cui ospitarono la vecchia gloria della Dc Cirino Pomicino scelsero di farlo parlare su “Se è gratis è meglio”. Poiché, si sa, moriremo tutti democristiani. Poi sono riusciti a dare del “ciccione” a Giuliano Ferrara, ma senza offenderlo. In cantiere per loro un progetto che fa rivivere in radio il teatro dopo la chiusura delle sale imposta dal Dpcm e un gruppo Telegram, nato durante il lockdown primaverile, che si avvale del supporto regolato di un affezionato pubblico social. Per avere nuovi e divertenti spunti di riflessione. E, forse, il seguitissimo programma un giorno diventerà un format tv. Come racconta Longoni, portavoce della banda di autori e speaker su Il Giornale Off.
“Off Topic” sdogana gli stereotipi.
«Un format che nasce tre anni fa dall’idea di lavorare sui luoghi comuni usati da tutti. Dalle persone culturalmente più umili fino agli accademici o direttori di giornale. Così abbiamo deciso di creare una trasmissione per affrontarli in maniera divertita, cercando di essere leggeri e tentando di scardinare i soliti meccanismi di comunicazione. Spesso ci relazioniamo adoperando frasi fatte, che servono per semplificare la modalità di rapportarsi agli altri. Ci siamo detti di provare a rompere il ritmo. Sia sul luogo comune di ogni puntata, che viene pertanto sviscerato, che per quanto riguarda il dialogo radiofonico e giornalistico. Perché in un talk show o fra le pagine dei quotidiani, cartacei e online, ci si ritrova spesso in una gabbia retorica dalla quale sembra che non si possa mai uscire. Sul web si semplifica per attirare l’attenzione, non è una cosa negativa, non vogliamo risultare retrogradi. Ma ci appassiona mettere tutto in dubbio, stimolando la riflessione».
Il luogo più comune?
«“Non ci sono più le mezze stagioni”, ma anche “E, ma ai miei tempi…” perché in quest’ultimo c’è un po’ il seme di tutti i luoghi comuni. Quindi rivangare il passato e la nostalgia di qualcosa che non esiste più…”Signora mia, se sapesse!”».
Vale anche per i trentenni?
«Soprattutto, direi che è la parola chiave. Noi di Off Topic abbiamo quasi tutti trent’anni e ci rivolgiamo ad un target di questo tipo. Siamo stati scelti da Radio 24 per raggiungere un pubblico che l’emittente radiofonica aveva ma non era così ampio: la fascia dei trentenni. Siamo arrivati alla quinta stagione, una felice collaborazione. Parlando della nostra generazione, ci capita di pensare che siamo invecchiati male a causa della tendenza naturale che ci porta ad ancorarci all’adolescenza: il mondo lavorativo alienante, le frustrazioni della gente della nostra età. Non abbiamo risposte, a Off Topic poniamo domande. Ci leghiamo a cose vecchie come lo spot televisivo di quando avevamo 14 anni o alla serie iconica di cartoni animati con cui siamo cresciuti. Abbiamo intervistato Paolo Danzì, capo supremo e ideatore dell’account social e satirico “Sapore di male” per la puntata “Nostalgia canaglia” e con lui abbiamo affrontato questa tendenza che ci rende più sicuri, ci lascia in una comfort zone, ma non ci consente di saltare nel vuoto. Tra i nostri ascoltatori ci sono dei liceali giovanissimi e ciò ci entusiasma, non ci fa sentire troppo anziani».
Secondo voi perché?
«Giochiamo tantissimo. Il nostro meccanismo è l’autoironia, una difficile e nobile arte. Buttiamo sul tavolo i difetti, si entra in trasmissione e ci si toglie dalla scarpa il sassolino del pregiudizio. Anche se il luogo comune lo abbiamo vissuto o sofferto sulla nostra pelle e non ci piace. Questo per far capire, parlando di noi, che siamo lì vivi e presenti. La nostra idea è una radio di flusso, che ormai, invece, è diventata soltanto un insieme di parole necessarie per accompagnare l’ascoltatore da una canzone all’altra. Come quando si sentono quegli studi che dicono “Da una famosa ricerca dell’Università di Denver emerge che mezzo cucchiaino di zucchero nel caffè aiuta ad affrontare meglio la giornata”. Un tipo di radio che, secondo noi, risulta un po’ impersonale. Non abbiamo la presunzione di salvare il pianeta, però desideriamo cambiare il linguaggio mettendolo in discussione. E siamo i primi ad essere autocritici, alla fine di ogni diretta facciamo un processo a noi stessi».
E tra i personaggi che avete ospitato qual è il luogo comune più ricorrente?
«Circa una sessantina di puntate con altrettanti luoghi comuni. Con Giuliano Ferrara abbiamo parlato de “I grassi sono più simpatici”, dandogli del ciccione ma non si è offeso. Sono stati nostri ospiti la mamma di Joe Bastianich, Ellen Hidding, Luca Bizzarri, Andrea Scanzi, Myss Keta, Lo Stato Sociale. Tra tutti loro quello più diffuso? Domanda difficile: la questione della comunicazione, il “non penso ciò che dico”. Forse non è un luogo comune, ma quando ci siamo trovati fisicamente con un ospite in studio prima del Covid, era sempre un po’ una seduta psicanalitica per fargli togliere la sua maschera insieme alla nostra. Durante la messa in onda molti rimanevano sostenuti mentre noi volevamo vederli cadere. Con la “Iena” Giulia Innocenzi il tema era “Le donne sono il sesso debole”. Un argomento delicatissimo, dove se si sbaglia una parola sei fregato pena querele ed insulti via mail. Abbiamo preso la sua borsa rovesciandola senza preavviso e lei è stata al gioco, questa cosa ci è piaciuta. Ovviamente, conoscendo il personaggio, sapevamo che non si sarebbe tirata indietro davanti alla vista dei suoi Tampax. Poi la leggenda di Tonio Cartonio, che si diceva fosse morto per un’overdose di eroina. Lo abbiamo invitato ed è venuto a smentire la fake news. Si chiama Danilo Bertazzi e ha confermato simpaticamente di essere ancora in vita e di non essersi mai drogato».
Vi mancano solo Roberto Da Crema detto “il Baffo” e Dodò del programma per ragazzi “L’albero azzurro”.
«Bella idea, dovremmo invitarli! Un’altra nostalgia è Telemarket, abbiamo intervistato Alessandro Orlando che ci ha raccontato la sua capacità di vendere pure fumo se necessario. Giorgio Mastrota è stato protagonista di “Chi disprezza compra”, in fondo le pentole servono a tutti».
Un avvenimento off e insolito da quando avete iniziato su Radio 24?
«Nella puntata “Se è gratis è meglio” abbiamo pensato ad un politico della Democrazia Cristiana della prima Repubblica, Cirino Pomicino. Averlo avuto nostro ospite penso sia già un evento off.
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C’è stato Andy dei Bluvertigo, era il periodo in cui un artista mangiò la banana-opera d’arte di Maurizio Cattelan appesa alle pareti e dal valore di 120mila dollari. Il topic era “Con la cultura non si mangia”, così abbiamo attaccato banane ai muri dello studio che cadevano una alla volta poiché il nastro adesivo cominciava a cedere. Lo storico Alessandro Barbero è venuto a trovarci da Torino per “Italiani brava gente”.Ci ha preso in giro con il suo modo di fare sornione e piemontese, mandandoci a quel paese. Con il cantautore Immanuel Casto abbiamo scherzato su “I gay sono sensibili”».
La trasmissione è interattiva e coinvolge il pubblico tramite Telegram. Siamo tutti autori?
«Sì, abbiamo un gruppo nato la scorsa primavera durante il lockdown. Ci teniamo particolarmente, è una chat di discussione relativa ai temi della puntata e che ci circondano. Il tono è bello perché non è quello polemico e di scontro al quale siamo abituati sui social o in televisione. Il timore di aprire i cancelli di casa nostra c’era. Invece abbiamo scoperto un pubblico che si autoregola con il nostro imprinting ironico e votato al sorriso. Un insieme di potenziali autori che sollecitiamo con proposte continue. Li facciamo lavorare gratis, ma ne arrivano delle belle. Spunti, contributi audio e video».
Ma i social, tra uso e abuso, non sono un po’ dannosi per la salute mentale?
«Tutte le cose di cui si fa un utilizzo smodato diventano dannose. Non si può andare in moto senza casco. Se lo si fa è perché si ha un’emergenza, ma bisogna stare attenti a come si guida. È necessario far funzionare il cervello per selezionare ciò che ha un senso. Un commento volutamente provocatorio volto al litigio o un tweet aggressivo viene ignorato. Probabilmente non è il metodo migliore, però funziona».
Chi nel vostro gruppo, compreso il regista: rimorchia di più perché “punta sulla simpatia”, ha tanti “amici gay sensibili” ed è “innamorato del suo lavoro”?
«Beppe Salmetti è quello simpatico che rimorchia di più, Riccardo Poli ha tanti amici omosessuali sensibili, Andrea Roccabella è quello che è innamorato del suo lavoro. Come tutti noi del resto. Io mi considero “Una così brava persona che saluta sempre”. Fra “parenti serpenti” o, piuttosto, un appartenente al luogo comune “chi suona la chitarra in spiaggia non fa l’amore”, essendo un chitarrista, “ma alla fine fa figli”».
Siete più Iene o Zanzare?
«Difficilissimo, non vorremmo essere né l’uno né l’altro. Io e Riccardo siamo entrambi redattori, autori e producer de La Zanzara, quindi abbiamo assorbito parecchio. Ma cerchiamo di essere il più possibile Off Topic ».
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In cantiere un progetto che porta il teatro in radio ai tempi del Covid.
«Dato che le sale sono chiuse, con il Teatro Filodrammatici abbiamo voluto portare lo spettacolo in radio con l’obiettivo di farlo sopravvivere. Alcuni attori performano sulla base del progetto “Sul filo”: 6 episodi podcast teatrali in cui noi di Off Topic leggiamo una notizia reale dal mondo, grottesca o surreale. Quando finisce il racconto radiofonico del talk, avviene una trasformazione sonora e ci si catapulta in scena dove gli attori interpretano, come in un vero audio-dramma, la news appena letta. È coinvolto nell’iniziativa anche il regista Bruno Fornasari, che con Tommaso Amadio ha originariamente ideato il format: 5 compagnie più un drammaturgo chiusi in residenza nel Teatro Filodrammatici dovevano scrivere in 24 ore una breve pièce di 10-15 minuti, basata su un fatto realmente accaduto e notiziato qualche giorno prima, recitando poi a sipario aperto. Le nostre puntate saranno disponibili sulla piattaforma esclusiva del sito di Radio 24».
Avete pensato ad un format tv?
«Sin dai primi tempi proviamo ad uscire dal nostro format. Siamo andati allo Zelig Cabaret di Milano con Philippe Daverio per il bellissimo incontro dedicato a “La sinistra ormai è morta” insieme a Pippo Civati. Così come l’evento sul brutto luogo comune “Tutti gli islamici sono terroristi” con la consigliera comunale Sumaya Abdel Qader e il rapper marocchino Maruego. Abbiamo provato a portare in scena il nostro format radiofonico al Teatro Filodrammatici un anno fa con tre serate: gli spettatori si immergevano nel modo in cui costruiamo le puntate, portando delle cuffie wireless per seguire con noi una serie di mondi sonori, sollecitati dal palco, sui luoghi comuni che analizzavamo. E ancora happening di improvvisazione al locale Ghepensi M.I. in piazza Morbegno. La tv? Potrebbe essere un obiettivo. Dipende da come può essere imbastito il format sul piano televisivo e, anche se sembra una paraculata dirlo, non ci negheremmo nulla. Ogni rete ha i suoi punti di forza e debolezza su cui tararsi. Sicuramente quelle che mirano a conquistare un target compreso tra i 25 e i 40 anni farebbero al caso nostro».