«Essendo avanti con gli anni, durante la mia infanzia ho ascoltato dischi su vinile a ’78 giri. Sono stato il primo dj con Gianni Boncompagni nella storia della radiofonia italiana, non c’erano le radio private a quell’epoca e mi arrivavano addirittura “le lacche”, i prototipi e le copie uniche dei vinili. Ne ho addirittura alcune dei Beatles e dei Rolling Stones! Ho deciso che darò la mia collezione alla “Discoteca di Stato” intitolata ad un antico vinilista napoletano, il commendator Rodolfo De Angelis, che l’ha fondata». Renzo Arbore non ha dubbi sulla sua passione per i dischi d’antan che hanno fatto suonare la storia. Dal 3 dicembre lo showman e autore radiotelevisivo sarà tra i protagonisti su Amazon Prime Video di “Vinilici – Perché il vinile ama la musica”, il primo docufilm, distribuito da 102 Distribution, dedicato al prezioso supporto musicale che conserva ancora pensieri e parole tra le note.
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Con lui, sullo schermo, le prestigiose testimonianze di Giulio Rapetti Mogol, Carlo Verdone, Elio e le Storie Tese, Claudio Coccoluto, Giulio Cesare Ricci, Red Ronnie, Gianni Sibilla, Claudio Trotta, Lino Vairetti, Bruno Venturini e molti altri. «Gli autori se non sono protetti diventano evanescenti. Con la digitalizzazione lo sfruttamento della musica è aumentato in modo esponenziale, lasciando agli stessi guadagni nettamente inferiori rispetto a prima. Quindi ne hanno beneficiato quelli che hanno fatto i miliardi con la tecnologia, i potentati. Noi compositori, la Siae, le società estere e simili stiamo difendendo i nostri diritti, ma siamo molto più deboli», fa sapere il paroliere Mogol in vista del lancio del progetto filmico, che è il frutto di un’operazione di crowdfunding realizzata grazie alla partecipazione di centinaia di appassionati, girato in 22 giorni di riprese da Nfi – Napoli Film Industry per la regia di Fulvio Iannucci. L’idea è di Nicola Iuppariello, il documentario è stato scritto insieme a Vincenzo Russo, prodotto da Luigia Merenda e Vincenzo Russo con la partecipazione di Iuppiter.eu, Carot One-Audio Revolution, Antonio de Spirito, Alessandro Cereda e Lino Santoro. Interviste, contributi inediti ed esclusivi di musicisti, cantanti, audiofili, fan, venditori, sociologi per raccontare “il disco”, un’intramontabile icona ritrovata, “dalla registrazione alla stampa, dalla distribuzione all’acquisto, dall’ascolto alla sua conservazione”. «Sono un grande collezionista di dischi in vinile. Ne ho uno con un autografo di Jimi Hendrix che gli chiesi quando un giorno lo incontrai a Londra proprio in un negozio e lui me lo fece quasi infastidito. Ma, ovviamente, poteva permettersi pure di mandarmi “affan…”. Il vinile resterà per sempre un oggetto pieno di poesia, perché anche quel fruscìo che si sente ci dà il senso del tempo», dice Carlo Verdone, che ha preso parte con entusiasmo alla pellicola. “Vinilici” spiega come quella che è più di una passione sia diventata un fenomeno. I dischi in vinile non sono solo l’oggetto di acquisto cult da parte di chi ama collezionarli, ma iniziano ad essere venerati da una nuova fascia di curiosi che sconfina addirittura nei Millennials. Oggi costituiscono il 6% del mercato totale e la crescita dal 2012 sfiora la percentuale del +330% secondo la Fimi (Federazione Industria Musicale Italiana). Nostalgia canaglia per un passato lontano o un’opportunità da cogliere per il domani musicale? Per Elio e le Storie Tese «Ascoltare un disco intero su vinile, in quest’epoca, in cui la parola d’ordine sembra sia diventata “tutto subito e tutto male”, vuol dire prendersi il proprio tempo e ascoltare bene e con attenzione, che poi è ciò che abbiamo fatto con quelli della nostra generazione quando avevamo 14 o 15 anni». Il film comincia dalle strade di Napoli, originaria capitale italiana della diffusione dei dischi. La Phonotype Record, fondata alle pendici del Vesuvio agli inizi del ‘900, è stata tra le prime case discografiche al mondo ad avere un autonomo stabilimento per la loro produzione. “Vinilici” non è un doc tecnico ma emozionale ed esperienziale. E la scelta del titolo deriva dalla particolare modalità di vedere il supporto come se fosse un dipendenza della quale non si può fare piacevolmente a meno. Una “droga buona”. «La musica sta ritornando prepotentemente al vinile, due i motivi: per prima cosa perché è un oggetto, le ridà dignità e solidità. In secondo luogo, i suoni sono migliori. La digitalizzazione ha aumentato la visibilità musicale, ha dato a tanti la possibilità di fare ascoltare i propri brani. Ma a chi? Il potere è tutto nelle mani delle multinazionali come Facebook e YouTube», conclude il conduttore Red Ronnie.