La scuola: libera curiosità, non dovere da secchioni!

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Non sarà il libro rivoluzionario che vorremmo, ma "Parole di scuola" di Mariapia Veladiano è un gioco intellettuale stimolante.
Foto di Лариса Мозговая da Pixabay
Oggi in (quasi) tutta Italia si torna a scuola, dopo il lockdown causa coronavirus. Poco prima della serrata la nostra Anna Valerio aveva scritto questo articolo: non si conoscevano tutti i rischi del Covid-19 (anzi, il nome Covid-19 non c’era ancora, ma nel modo c’era già il virus: l’articolo è del gennaio 2020, poco prima dell’inizio della tragedia), ma nemmeno si conoscevano, per citare le parole della Valerio, “le parole per abbozzare una riflessione sul senso che hanno avuto e avranno tutte quelle ore passate sui banchi”. Non a rotelle, aggiungiamo noi… (Redazione)

Non sarà il libro rivoluzionario che vorremmo, ma Parole di scuola di Mariapia Veladiano (Guanda, 2019, pp. 156 € 14,00) è un gioco intellettuale stimolante. Ci mette in mano le parole per abbozzare una riflessione sul senso che hanno avuto e avranno tutte quelle ore passate sui banchi. È più un discorso metodologico che un affondo nel cuore del problema del futuro, ma può essere un utile punto di appoggio archimedico.

Intanto la premessa: c’è un problema scuola. Anche se viene eluso praticamente da ogni governo o affrontato solo nelle sue banalità. Più di un quarto della vita media di un uomo di oggi ha come cornice i muri di un’aula. Dall’asilo nido al master. È un tempo fruttuoso? Felice? Sensato?

Tutti abbiamo in tasca le nostre risposte. Felice? Beh. Sensato? Mah. Fruttuoso? Mmh. È stato come un’avventura in un universo parallelo. L’insegnante di turno ci parlava spesso di virtù, ma qua ce n’è pochetta. Svolgevamo problemi di matematica dolorosamente complessi e perfettamente univoci, ma le cose perfette e univoche dov’è che le hanno fatte sparire?

Tema: rifletti, racconta. E così racconti che la vita, oggi, è quella story dove non si sta zitti un attimo, dove si scattano foto di continuo, dove si passa di lavoro in lavoro e di mansione in mansione all’interno dello stesso ufficio. Dove un figlio lo si fa spesso come si compra un cartoncino del gratta e vinci. Così. Senza fiducia e architetture solide.

Si studia che Teseo incontrò Arianna e lei gli diede il filo che lo aiutò a uscire dal labirinto. Ma le mercerie del centro sono strozzate da canoni di affitto buoni solo per lo stakanovismo spensierato e non troppo igienico dei cinesi. E Arianna si sta girando il dilatatore nell’orecchio e una canna; ha un passato trattato con il Ritalin.

Ecco cosa sta succedendo fuori. Oltre le finestre delle aule, dove qualche giovane maestra con i ricci ha attaccato le vetrofanie. Oltre le guerre e le migrazioni. C’è un mondo che continua ad andare dove mai ce lo saremmo aspettato, fuori da tutte le nostre mappe (concettuali?).

Parole di scuola di Mariapia Veladiano (Guanda

Mariapia Veladiano, che nasce splendida narratrice (vedi il suo primo romanzo, La vita accanto) prima che pedagoga e saggista, ci mette a disposizione quel punto archimedico per sollevarci dall’amarezza. Parla di attenzione alle parole e gioca soavemente con i vocabolari. Non se la sente però di impugnare con forza la chiave che ci ha fatto trovare: l’attenzione. Puntualità assoluta, fatta di sguardi pazienti e senza filtri, che dev’essere il cuore di ogni pedagogia onesta e rivoluzione generosa. Dove tutto è precario, dove tanto è distrutto, non più: stai attento, ma: sii attento. Solo l’attenzione, esaltata dalla passione e affinata nella gratuità, ricostruisce i lineamenti di un paesaggio incomprensibile. Guarda con cura quello che hai davanti. Dimenticati gli schemi, le ideologie. Mantieniti agile e cerca di interpretare il tempo e il suo continuo bisogno di senso, di giustizia. “Libera curiosità, non dovere da secchioni” chiedeva sant’Agostino. “Amami perdio!” pregava Leopardi, nauseato dal suo secolo “superbo e sciocco”.