Ci ha lasciato a 75 anni il professor Giulio Giorello, per le conseguenze del coronavirus contratto nei mesi scorsi. Simpatico e geniale professore di Filosofia della Scienza, ha rivoluzionato il pensiero filosofico scientifico del Ventesimo secolo e con i suo libri ha reso comprensibile la scienza ai filosofi e la filosfia agli scienziati. Allievo di Ludovico Geymonat, è stato il suo successore nella cattedra di Filosofia della Scienza all’Università degli Studi di Milano. Tre giorni fa aveva sposato la compagna, Roberta Pelachin. Grande divulgatore, amico degli studenti, lo ricordiamo con la nostra intervista di Marco Lomonaco, suo studente ai tempi dell’Università (Redazione).
Giulio Giorello, 73 anni, filosofo della scienza, intellettuale, accademico di caratura mondiale, oggi si racconta a OFF.
Quando ha capito che la filosofia sarebbe stata la sua vita?
Fin dalle elementari ero appassionato di materie scientifiche ma, tutto d’un tratto, ebbi un incontro fondamentale con la filosofia. Mio fratello maggiore era un avido lettore di Bertrand Russell e io, quando potevo, gli sottraevo i libri per potermeli leggere. Russell mi piaceva come polemista e per le sue idee libertarie, nonché per il suo pensiero anti-autoritario. Allo stesso tempo Russell era uno che aveva indagato sui fondamenti della matematica e studiato le strutture delle teorie fisiche, andando a toccare nei suoi testi anche i miei interessi in campo scientifico. Poi, grazie all’ammirazione di Russell per Baruch Spinoza, iniziai a leggere anche quest’ultimo; fu proprio l’Etica di Spinoza a spingermi a iscrivermi a filosofia all’università. Dunque, grazie a quelle letture, in qualche modo iniziava a crearsi in me un legame tra questa nuova passione per la filosofia e l’interesse di lunga data scientifico. Da piccolo volevo fare l’ingegnere; poi dopo sono passato all’idea di fare il fisico o il matematico, dopodiché il filosofo. Alla fine sono riuscito a mettere in qualche modo insieme le cose grazie alla Filosofia della Scienza.
Quale libro le ha cambiato la vita?
Sicuramente la lettura dell’ABC della relatività di Bertrand Russell ha instillato in me grande curiosità. Con grande semplicità, chiarezza e rigore, Russell riusciva a spiegare come la grandezza delle masse incurva localmente lo spazio. Un altro problema che aveva rapito la mia attenzione e affascinato in quegli anni, era il problema del tempo.
Ci racconti qualcosa del suo rapporto con don Luigi Giussani
Era il mio insegnante di religione al liceo e, sinceramente, mi stava profondamente antipatico! Di lui mi urtava quell’atteggiamento un po’ dispotico che teneva, quasi obbligando i suoi studenti a seguire i suoi insegnamenti e le tradizioni della famiglia di provenienza. Don Giussani insegnava inoltre ad estirpare l’atteggiamento critico ma, fortunatamente, quello che i miei genitori mi avevano insegnato era l’esatto contrario: bisogna sempre avere spirito critico.
Possiamo dire dunque che, a modo suo, anche don Giussani l’ha influenzata?
Non nego che lui aveva una personalità di spicco e a me le personalità di spicco son sempre piaciute.
Chi è stato invece il suo maestro?
Sicuramente Ludovico Geymonat. Era una persona estremamente tollerante e aperta al confronto, con una capacità speciale di trattare coi giovani: esattamente il contrario di Giussani. Geymonat è stato il mio vero grande maestro e lo dico con un senso infinito di affetto, ammirazione per la persona che era e stima intellettuale. Uomo coraggioso, filosofo di grandissimo impatto europeo e, cosa molto importante, matematico. In lui ho trovato quello che cercavo per la mia formazione, dato che dopo la laurea in filosofia mi spinse anche a iscrivermi a matematica all’Università di Pavia.
Tra i molti libri che ha scritto, ne dedica uno alla Filosofia di Topolino. Di cosa si tratta?
Quella di Topolino è una “filosofia” molto radicata nella tradizione angloamericana. Una delle prime grandi storie di Topolino, che ho raccontato nel libro scritto con Ilaria Cozzaglio, è quella in cui il topo filosofo si batte per la libertà di stampa. Una straordinaria vicenda in cui un Topolino giornalista lotta per la libertà di parola, quasi a ricalcare il John Milton dell’Aeropagitica che si batte contro la censura del Parlamento londinese, dalle fila dello stesso Parlamento. La filosofia di Topolino è dunque una critica costruttiva alla stessa cultura americana che ama e di cui fa parte.
Chi è invece il Topolino futurista?
Sempre con Ilaria Cozzaglio, abbiamo scritto questo articolo in omaggio al Topolino che viaggia nel futuro e si fa anticipatore di vizi e virtù delle società che verranno
Il suo romanzo preferito?
Sono combattuto. Le direi L’urlo e il furore di William Faulkner, oppure l’Ulisse di James Joyce. Non saprei scegliere.
Che hobby ha un filosofo della scienza?
Si potrebbe pensare che un filosofo legga sempre di filosofia anche nel tempo libero. In realtà può essere che si occupi di filosofia anche nel tempo libero, pur non leggendo strettamente di essa. In questo senso entrano in gioco variabili come la “filosofia di Topolino”. Le faccio un esempio: i miei genitori mi lasciavano leggere tutti i fumetti che volevo e negli anni ho mantenuto questa buona abitudine. Mi piace ancora leggere Topolino ma, la mia epopea preferita a fumetti resta sempre quella di Tex Willer.
Ci racconta un episodio OFF della sua carriera?
Mi lasciai tentare e coinvolgere ai tempi del liceo da un incontro a Campitello, in Trentino, organizzato proprio dalla Gioventù Studentesca di don Giussani. Tra i presenti all’incontro c’era una bellissima ragazza e Giussani, uno di quei giorni, mi pizzicò mentre tornavo tardi dopo aver passato la serata con lei. Ci fu un colloquio molto secco e acceso tra di noi e mi disse: “Ora devi scegliere. Se vuoi stare con noi devi impegnarti a seguire i nostri precetti di vita…”. Io naturalmente, senza pensarci due volte, scelsi la ragazza e me ne andai. Quelli di GS non mi videro più per i decenni a venire…
Lei si è confrontato molto col mondo cattolico da ateo, in particolare con Carlo Maria Martini…
Bruno Forte, che oggi è arcivescovo metropolitano di Chieti-Vasto, aveva fatto da tramite per il mio incontro con il cardinale Carlo Maria Martini, allora arcivescovo di Milano. Con Martini, che era una persona di certo fascino e di un’intelligenza sopraffina, collaborai per anni e organizzai cattedre filosofiche e tavoli di confronto. Abbiamo scritto un libro insieme e, lui stesso, ha pubblicato per la collana Scienze e idee di Raffaello Cortina Editore, diretta dal sottoscritto. Quello che mi interessava maggiormente di Martini però, era la sua straordinaria personalità e apertura al confronto. La sua grandezza dal punto di vista intellettuale era – proprio come i grandi religiosi filosofi della storia – quella di saper distinguere tra ragione e fede.
Ecco la frase che Giussani ripeteva di più: “Se volete diventare grandi, liberi e non essere presi per il… naso da nessuno, abituatevi a paragonare tutto quello che io vi dico, ma anche quello che vi dicono gli altri professori, i giornali, libri, genitori, amici ecc., con la vostra esperienza elementare” (testimonianza oculare e uditiva di uno studente che in Cattolica ha frequentato i corsi di Giussani per 10 anni).
Un affiliato della Massoneria non ci provoca nessuna simpatia, anzi, come spesso accade per altri finiti nelle mani della Setta, le idee anticlericali inculcategli in famiglia hanno generato un animo stolto, al di là dell’ostentata erudizione, un sapere per sciocchi.
Se c’è una cosa che don Giussani ha spasmodicamente cercato di trasmettere è proprio lo spirito critico, cosa che che il buon Giorello, chissà per quale motivo, non ha evidentemente saputo o voluto cogliere.
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