Che cosa si prova a diventare il nome di una strada o delle parole incise su un monumento? È l’eterno dilemma tra Ettore e Achille: vivere per esistere nella propria carne, nella carne dei propri figli e nipoti, e piano piano diventare come “la nostalgia in un paesaggio dipinto”, o vivere come una scheggia, in un’esplosione, e guadagnarsi un pezzo fragoroso di eternità?
Chi lo sa se Almerigo Grilz si era posto questo dilemma anche fuori dai banchi di scuola. O forse ha sempre e solo seguito quello che gli diceva il cuore, e se il cuore è avventuroso e curioso e, per di più, è un cuore triestino, che guizza come un pesce e ride tra le sue scaglie scintillanti, è naturale trovarsi in giro per il mondo a volerne raccontare gli angoli, i colori e le espressioni. Dopo diverse estati in autostop per l’Europa, a imparare le lingue e le diverse facce dell’uomo, Almerigo, “Ruga” per gli amici, comincia la sua carriera di fotoreporter, documentando cortei politici, con macchina fotografica e cinepresa. Aggiunge il disegno a mano libera, quando non vuole farsi scappare qualche dettaglio, ed è tanto bravo che gli capita di disegnare anche fumetti, volantini e manifesti.
A ventiquattro anni, mentre è capo del Fronte della Gioventù di Trieste e vicesegretario nazionale, oltre che consigliere comunale, si iscrive all’albo dei giornalisti come pubblicista. Fa l’inviato: va in luoghi lontani a riprendere le immagini che nessuno vedrebbe mai. Guerre. Paesaggi. Visi diversi. Dolori diversi.
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