Giampaolo Rossi: “L’obiettivo della Rai deve restare il pluralismo”

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Lo abbiamo rivisto nei giorni scorsi in occasione della diretta Facebook di CulturaIdentità con Edoardo Sylos Labini. Lui è Giampaolo Rossi, Consigliere di Amministrazione della Rai. In quella diretta, che vi invitiamo a rivedere, Rossi ha parlato di pluralismo, della faziosità di certi programmi e della necessità di combattere le fake news, ma ci ha lasciato un messaggio di speranza: nei momenti drammatici come quello che stiamo vivendo l’italiano dà il meglio di sè. Intanto vi proponiamo questa intervista che gli avevamo fatto fresco di nomina Rai (Redazione).

Giampaolo Rossi, 53 anni, esperto di comunicazione e cross-medialità, da luglio 2018 è membro del CdA RAI.

Come giudichi questo anno di attività?

Positivo. Il CdA si è insediato in un momento in cui il dibattito sul futuro della RAI era intenso e, nonostante le visioni diverse e il nuovo modello di governance con cui ci siamo dovuti misurare, abbiamo approvato un piano industriale rivoluzionario. Abbiamo puntato sul recupero della centralità creativa e produttiva della RAI, dopo anni di esternalizzazioni. Inoltre abbiamo riorientato la linea editoriale, per dare voce alla pluralità di culture politiche del paese, laddove per anni essa era rimasta schiacciata sull’orientamento liberal delle élite.

Reazioni?

A sinistra hanno accusato la RAI di essere “sovranista”. A destra l’esatto contrario. L’obiettivo, in realtà, rimane il pluralismo.

Quali sono i programmi che ti hanno convinto di più?

Agorà su RAI Tre e Povera Patria su RAI Due: due modi diversi di fare giornalismo. Agorà è un programma che dà voce alla pluralità di filoni culturali presenti nel paese, attento all’attualità. Povera Patria è più di approfondimento. Su RAI Uno, invece, un ottimo lavoro è stato fatto con Linea Verde che ha associato alla promozione del territorio una vena narrativa, sensibile alla memoria e alle identità.

Il cambio di governo può determinare scossoni?

Questo CdA ha sempre mostrato responsabilità verso l’azienda. Non a caso ho votato a favore del piano dell’ad Salini. Spero che il nuovo governo, come il precedente, mantenga un ruolo di indirizzo senza ingerenze.

L’impressione è che il politicamente corretto sia passato all’offensiva. La libertà di espressione è in pericolo?

E’ un tema strettamente collegato alla rivoluzione tecnologica. Tutta la legislazione in materia, codificata dagli Stati, appare inadeguata…

…il riferimento è alle censure di Facebook…

Certo. La nostra libertà di espressione si esercita ormai prevalentemente sui social, che però sono piattaforme private che finiscono per penalizzare taluni contenuti, valorizzandone altri…

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Ma se l’identità digitale è una prosecuzione dell’identità personale, la questione non è regolabile con norme di diritto privato…

Tema complesso: dobbiamo essere consapevoli di vivere in una democrazia dove i social avranno un ruolo sempre più decisivo nell’orientamento delle opinioni e in cui i nostri dati personali sono controllati. E’ un cambio di paradigma che impone agli Stati di trovare risposte.

Forse la “disintermediazione” non è poi così positiva…

Dinanzi ai mutamenti tecnologici, ci si divide sempre in ottimisti e pessimisti. Oggi siamo costretti a confrontarci con la realtà: un’élite potentissima non sta “disintermediando” la creatività, ma la democrazia. Eppure la “controinformazione” è stata possibile sul web, mentre il mainstream le resta precluso.

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