“Buio”: scacciare le tenebre per dar spazio alla vita

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Non è semplice parlare di Buio, opera prima di Emanuela Rossi, in questo momento storico-culturale ed emotivo perché, per quanto ci si approcci con la consapevolezza che ci troveremo di fronte a un thriller apocalittico, va a toccare delle corde molto intime e al contempo universali.

Stella (un’intensa Denise Tantucci) ha diciassette anni e «vive con le due sorelle più piccole, Luce e Aria (nomi non casuali, a cui danno volto Gaia Bocci e Olimpia Tosatto per la prima volta sullo schermo), in una casa dalle finestre sbarrate, una sorta di eterna quarantena. Ogni sera, il padre (interpretato da Valerio Binasco con i giusti accenti, spingendo laddove la vicenda lo richiede, ma senza mai perdere credibilità ed è anche questo che insinua un senso di inquietudine nello spettatore) rientra, si spoglia della maschera antigas e della tuta termica, porta il cibo e aggiorna le figlie con i racconti dell’Apocalisse in corso, che continua a decimare l’umanità» (dalla sinossi).

La regista rivela una mano molto delicata sia nella direzione degli attori che nel confezionamento di un ambiente – con dei vivi fors’ senz’anima – che diventa soffocante per il pubblico stesso.

Buio, opera prima di Emanuela Rossi, va a toccare delle corde molto intime e al contempo universali.

«La prima immagine di questo film» – ha raccontato la Rossi «è quella di una ragazza che sta soffocando, cerca la luce nell’oscurità di un interno domestico». Ci tiene a precisare che nulla di ciò a cui assisterete è avvenuto a lei, però al contempo ha una connessione profonda col suo background «Vengo da una famiglia marchigiana molto religiosa, di quelle in cui alle 7 di sera si diceva il rosario: a questa educazione oggi sono grata, soprattutto per il senso del sacro che mi ha regalato, ma a suo tempo ha significato soffrire di sensi di colpa, per un terrore del peccato che pervadeva un po’ tutto, specie in una famiglia con sei figlie femmine.

Il mondo fuori? Contaminato, dunque meglio restare a casa, evitare le feste e le discoteche. Da quel senso di claustrofobia nascono molte delle atmosfere di Buio. […] C’erano sicuramente modi più realistici per raccontare una ragazza di provincia soffocata dalla famiglia, ma io cercavo un’astrazione che – tornando con la mente ai miei ricordi di giovane spettatrice davanti alla tv – trovavo più in certi film alla Hitchcock che in un cinema naturalistico».

Una nota di merito va alla decisione dei colori (ottimo il lavoro del direttore della fotografia Marco Graziaplena), in contrasto con ciò che ci si aspetterebbe appunto dal genere adottato, gli abiti delle ragazze in casa sono di un bianco che suggerisce la purezza (compresa quella violata). «Forse le donne escono perché chiuse manca loro l’aria», risponde Stella, senza peli sulla lingua, al papà.

Una sera in cui il padre non rientra, gli equilibri tra le sorelle e le credenze vengono messe ancora più in discussione. Stella, in quanto sorella maggiore, avverte una responsabilità ulteriore per la propria e per la loro sopravvivenza. Quando esce (dal lucernario sulla soffitta) si scontra col mondo esterno, scoprendone i colori, cosa le piace e soprattutto l’esistenza degli altri.

Buio, opera prima di Emanuela Rossi, va a toccare delle corde molto intime e al contempo universali.

Buio riesce a essere anche un romanzo di formazione, in cui si deve combattere qualcosa di sinistro (emblematica la scena con il noto brano da Il tempo delle mele), scacciare le tenebre per dar spazio alla vita. Completano il cast Elettra Mallaby (la madre/il sole) e Francesco Genovese (Marco). Non vogliamo rivelarvi oltre sullo sviluppo della storia, ma ci fa piacere sottolineare la dedica scelta dalla regista: «alle ragazze che resistono».

«Non è stato facile fare un film così, in Italia. Da indipendenti, il produttore Claudio Corbucci (co-sceneggiatore con la Rossi) e io ci siamo riusciti, e ne siamo fieri», ha evidenziato la regista. A maggior ragione è importante che, nonostante le difficoltà che sta attraversando il settore Cultura&Spettacolo nel periodo del coronavirus, si sia trovata una via distributiva. Dopo l’esordio all’ultima edizione di Alice nella Città, da giovedì 7 maggio Buio è disponibile su MyMovies. La sua uscita rientra nell’ambito della campagna #iorestoacasa. «Si tratta del primo film che viene distribuito con il sistema di direct to video in collaborazione con gli esercenti cinematografici, che potranno invitare il pubblico alla visione in VOD attraverso le proprie mailing list con link personalizzati per ciascun cinema. Il rapporto commerciale tra distributore ed esercente sarà come sempre regolato dal consueto rapporto di noleggio, e assegnerà alle sale una percentuale sull’incasso netto» (dalla nota ufficiale).