Oggi la bellezza non esiste più. L’arte si manifesta in vari tipi di espressività. Ogni gesto artistico è una forma estetica della modernità.
Esistono tante estetiche, anche declinanti verso forme palesemente trasgressive, irrituali, comportamentali.
Anche la morale sembra seguire lo stesso piano interpretativo: non vale nella sua essenza, ma nella sua espressività. L’estetica della morale è nelle emozioni che suscita, nei sentimenti che provoca. Valori e disvalori sono stati spazzati via da un moto liberatorio; polvere che il vento trascina via senza possibilità di ritorno.
Un essere moralmente accettato e riconosciuto è oggi chi fa sfoggio di parole compassionevoli e umili, chi si commuove con gesti ingannevoli, chi si compiace del suo buon cuore. In realtà chi si compiace della sua abilità manipolatoria. È un personaggio che nel teatro della vita recita con grande forza espressiva la caduta degli dei. Mentre fra le rovine si intravedono ombre che fuggono, parvenze di uomini veri.
Con il declino della bellezza secondo i suoi canoni classici e la critica di simboli prima ritenuti intoccabili e irrinunciabili, l’opera d’arte di nuova riproposizione abbandona, per così dire, le rappresentazioni sino allora riconosciute, distinte in pittura e scultura. Una curiosa affermazione dell’etica del bello, come espressione totale di vita. La spettacolarizzazione rappresenta l’arte totale, la provocazione ne fa parte come coinvolgimento del pubblico, rimuovendo il concetto di passività e facendolo partecipe del fatto artistico. Un ricorso alla performance, all’evento teatrale come momento catartico e irripetibile