I fattori ambientali possono aumentare gli effetti di allergie e intolleranze

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Il numero degli italiani che oggi ritiene di essere intollerante o allergico a qualcosa è più del 50 per cento. Le statistiche dicono che è aumentata l’allergia alimentare: oggi ne soffre il 7% dei bambini entro i 3 anni di età e il 4% degli adulti. L’intolleranza al lattosio, che colpisce meno del 10% della popolazione nordeuropea, nel nostro Paese interessa invece quasi il 40% degli individui. Il 20% soffre di manifestazioni allergiche ad allergeni inalatori, quali pollini, peli di animali, muffe, acari, con andamento stagionale per i pollini e alcune muffe, perenne per gli acari, e il trend è in forte aumento. Tra il 1930 e il 2000 la produzione globale di sostanze chimiche prodotte dall’uomo è aumentata da 1 a 400 milioni di tonnellate l’anno, e negli ultimi 50 anni l’uomo ha immesso nell’ambiente circa 80 mila nuove sostanze chimiche. Ogni giorno assumiamo più o meno consapevolmente non meno di 100 sostanze chimiche di sintesi, attraverso il cibo, l’acqua e l’aria che respiriamo. La contaminazione del cibo e dell’ambiente costituiscono un fattore di rischio per diverse patologie come asma, dermatiti e possono portare a uno stato di stress con conseguente sensibilizzazione chimica. Questo fattore ambientale è una delle concause principali del forte aumento di allergie ed intolleranze. L’evoluzione della specie umana è infatti avvenuta per milioni di anni in un ambiente in cui le sostanze erano “finite”, ovverosia sempre le stesse. Mentre negli ultimi 100 anni, come detto, il loro numero è cresciuto enormemente. Teorie sostengono che sia questo il motivo per cui il nostro sistema immunitario abbia eccessive reazioni di difesa anche a contatto con sostanze non dannose come i pollini, che per altro, accumulano inquinanti tipici delle città, come polveri sottili e ossidi di azoto, che aumentando il loro effetto allergenico, scatenano nei soggetti predisposti o più fragili gravi reazioni allergiche quali asma e altri problemi alle vie respiratorie. Le sostanze chimiche a cui siamo maggiormente esposti sono i gas generati da processi di combustione (NOx, SO2, CO), il particolato atmosferico (PM10 e PM2.5), i composti organici volatili (presenti anche nei prodotti per la pulizia di casa), il fumo passivo da combustione di tabacco, gli idrocarburi policiclici aromatici (generati da combustione di legna), i metalli pesanti (principalmente mercurio e piombo con cui possiamo entrare in contatto tramite tessuti come abbigliamento personale non CE o alimenti) e i pesticidi. Per ridurre l’esposizione a questi inquinanti è necessario seguire poche semplici regole: in casa arieggiare gli ambienti 3 o 4 volte al giorno per almeno 5 minuti, fare regolare manutenzione degli impianti di condizionamento e delle cappe aspiranti di cucina, usare aspirapolveri di buona qualità, togliere i tappeti che sono ricettacolo di polvere, ridurre al minimo l’utilizzo di detergenti e prodotti commerciali per la pulizia di casa, preferendone altri quali bicarbonato e aceto, assumere alimenti di qualità che non siano stati esposti ad erbicidi e pesticidi. Due sono le fasi della vita in cui è fondamentale ridurre questa esposizione: la gravidanza e i primi anni di vita del bambino. Per ridurre le probabilità di sviluppare sensibilizzazione chimica, è utile fare uso di farmaci solo se strettamente necessario, preferire cibi non trattati, di stagione e cercare di variare più possibile l’alimentazione,  evitare l’esposizione a sostanze dannose come fumo, vernici, solventi, disinfettanti e gas di scarico. Negli ultimi 20 anni, in Italia, la percentuale di bambini allergici è più che triplicata: erano il 7% nel 1995, oggi ne soffre ben il 25%. Tra le cause, anche l’inquinamento ambientale e gli eccessi di igiene. Le forme più diffuse sono la rinite allergica (25% dei bambini in età evolutiva), seguita dall’asma (circa il 10%) e dalle allergie alimentari che colpiscono il 3% dei piccoli nei primi 2 anni di età. Il flagello per i nuovi nati è rappresentato dalla dermatite atopica, che in meno di un decennio ha registrato una costante impennata di casi (+6%) e oggi interessa oltre un milione di bimbi. Studi scientifici affermano che l’assunzione di probiotici (il Lactobacillus GG è considerato il migliore nel ridurre la prevalenza di disturbi allergici) prima e dopo il parto, e la loro somministrazione al bambino nell’arco del primo anno di età, è in grado di evitare l’insorgere di allergie alimentari e può ridurre significativamente la durata e l’impatto delle infezioni respiratorie. Fare prevenzione può quindi fare la differenza, anche perché le allergie sono patologie che condizionano le relazioni sociali, oltre ad avere un importante impatto economico in termini di costi sanitari.