La scienza dell’Ecologia della Nutrizione

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L’Ecologia della Nutrizione è una scienza interdisciplinare che prende in esame tutte le componenti della catena alimentare e ne valuta gli effetti secondo quattro punti di vista principali: la salute umana, l’ambiente, la società e l’economia. L’alimentazione è responsabile per il 32% della salute del nostro organismo e del 25% dell’impatto che ciascuno di noi ha sull’ambiente.

Il trasporto del cibo ha un grosso impatto economico ma soprattutto ambientale: è stato calcolato che un pasto medio, prima di arrivare sulle nostre tavole, percorre più di 1.900 Km e circa il 48% del trasporto è da attribuire al compratore.

Il risparmio energetico a tavola è anche una risposta agli effetti dei cambiamenti climatici. Un numero sempre maggiore di consumatori nel mondo chiede prodotti freschi, naturali, prodotti nel territorio, e che non devono percorrere grandi distanze con mezzi inquinanti prima di giungere sulle nostre tavole. Così facendo una famiglia media può risparmiare fino a 1.000 chili di anidride carbonica l’anno.

Ecco alcuni esempi:

  • Una bottiglia di vino australiano deve percorre oltre 16.000 km con un consumo di 9,4 kg di petrolio e l’emissione di 29,3 kg di anidride carbonica;
  • 1 kg. di prugne cilene devono volare per 12.000 km con un consumo di 7,1 kg di petrolio che liberano 22 kg di anidride carbonica;
  • 1 kg. di carne argentina viaggia per 11.000 km, bruciando 6,7 kg di petrolio e liberando 20,8 kg di Co2;
  • 1 kg. di mele cilene viaggia per 12.000 km e produce 18,3 kg di anidride carbonica, consumando 5,8 chili di petrolio;
  • Per il trasporto aereo di 1 kg di kiwi dalla Nuova Zelanda vengono emessi 24,7 kg di anidride carbonica, bruciando 7,9 chili di petrolio.

Secondo un rapporto FAO, la nostra alimentazione ha un impatto sull’ambiente superiore a quello del settore industriale e dei trasporti. La causa è legata al massiccio consumo di carni: la filiera produttiva dell’industria delle carni, contribuisce fino al 22% dei gas serra prodotti annualmente dalla terra. In altre parole, ogni anno, la produzione e il consumo di carne emette circa 8 miliardi di tonnellate di CO2.

Nella foresta amazzonica, l’88% della foresta abbattuta è stata adibita a pascolo. E la deforestazione continua a un ritmo sempre crescente. Nel 2003 c’è stata una crescita del 40% della deforestazione rispetto all’anno precedente. In soli 10 anni, la regione ha perso un’area pari a due volte il Portogallo. Gran parte di essa è diventata terra da pascolo. Le operazioni di taglio per il mercato del legno sono molto meno influenti sulla deforestazione rispetto alla produzione di carne. Nelle zone semiaride, come l’Africa, lo sfruttamento dei suoli per l’allevamento estensivo (i cui prodotti vengono esportati nei Paesi ricchi) porta alla desertificazione, cioè alla riduzione a zero della produttività di queste terre. Le Nazioni Unite stimano che il 70% dei terreni ora adibiti a pascolo siano in via di desertificazione.

Da un punto di vista nutrizionale, la sostenibilità alimentare contribuisce ad una distribuzione equa del cibo attraverso un comportamento alimentare orientato alla prevenzione dei danni alla salute ed all’ambiente. Per realizzare la sostenibilità alimentare, è necessario garantire quantità, qualità e sicurezza alimentare ad ogni livello della società. Per rendere compatibile lo stile alimentare del singolo con le dimensioni ecologica, economica, sociale e della salute umana, sono stati formulati 7 principi:

1) il cibo dovrebbe essere prevalentemente di origine vegetale

2) il cibo dovrebbe derivare dall’agricoltura biologica,

3) il cibo dovrebbe essere prodotto sul posto e in ogni stagione,

4) il cibo dovrebbe essere trasformato il meno possibile,

5) il cibo dovrebbe essere confezionato in modo ecologico,

6) il cibo messo in vendita dovrebbe essere commisurato alla reale domanda

7) il cibo dovrebbe essere preparato nel rispetto del gusto.

Alimentazione ecologica vuol dire nutrirsi con prodotti che hanno zero packaging, una filiera produttiva sostenibile e che sono preparati localmente. Il Ministero dell’Agricoltura inglese ha calcolato che il costo pagato dalla società per il trasporto del cibo ammonta a 9 miliardi di sterline e lo studio ha esaminato solo gli alimenti prodotti in Inghilterra, senza calcolare il cibo di importazione.