Vincenzo Mollica, 67 anni, giornalista, storico volto del Tg1 e inviato di Sanremo. Da poco approdato alla pensione, ripercorre la sua carriera con OFF…
Vincenzo, ma cosa significa esattamente “mollichismo”?
Ah non chiederlo a me…
Lei aveva un rapporto di amicizia con Fellini… a lui sarebbe piaciuto diventare un aggettivo invece, vero?
Nel 1993 eravamo a Los Angeles per gli Oscar e lui aveva appena ricevuto la statuetta alla carriera. Durante un’intervista mi raccontò che quelli dell’Academy gli chiesero di essere “felliniesque”, felliniano, durante il discorso di accettazione del premio ma lui – mi disse – non aveva idea di cosa significasse. Comunque Fellini era tante, troppe cose e non si curava di essere o non essere una parola: la sua arte andava oltre un aggettivo.
Ora che è in pensione me lo può dire: qual è il brano che più ha amato di Sanremo.
Ne cito tre: Il ragazzo della via Gluck di Celentano, Vita spericolata di Vasco e 4 marzo 1943 di Lucio Dalla. Queste tre canzoni portavano una grande verità e raccontavano la vita per il verso giusto.
Chi è l’artista italiano che apprezza maggiormente?
Se dovessi sceglierne solo uno, direi il grande Paolo Conte.
E quello internazionale?
Direi Leonard Cohen, poeta senza tempo. Anche perché io ho la doppia cittadinanza: italiana, come Paolo, e canadese come Leonard.
Cambierebbe qualcosa della sua carriera?
Caro mio, sei giovane, ma quando arriverai a 67 anni capirai che tutto quello che hai fatto durante la carriera serviva al tuo lavoro e a portarti a “destinazione”.
Senta ma lei si sente più Mollica o Paperica?
Se devo dirti la verità… amo moltissimo il mio alter ego disneyano perché mi ha fatto vivere una storia a Tele Paperopoli, in mezzo ai paperi. Pensa che ho amato tanto questo mio personaggio apparso in Topolino da aver più volte detto di voler scritto sulla mia tomba, come epitaffio: “Qui giace Vincenzo Paperica, che tra gli umani fu Mollica”.
Ma in quarant’anni di carriera lei ha mai litigato con qualcuno?
Marco, ma secondo te lo vengo a raccontare a te?!
L’intervista più bella.
Ce ne sono moltissime. Anche se con gli anni ho imparato che non ci sono le interviste: ci sono gli artisti. Per citarne tre, dico Federico Fellini, Alda Merini e Andrea Camilleri. Loro in ogni intervista mi hanno raccontato qualcosa da “ricordare”. Perché in ogni intervista c’è sempre qualcosa da ricordare.
Le è piaciuto Sanremo 2020?
Amadeus e Fiorello hanno regalato al pubblico un Festival bellissimo, ricco di sorprese ma soprattutto di amicizia che si è fatta spettacolo. Ogni Festival che ho raccontato aveva qualcosa di speciale ma questo in particolare lo porterò nel cuore.
Ci racconta un episodio OFF della sua carriera?
Durante la Guerra del Golfo la televisione iniziò ad andare anche di notte. Una mattina, Federico Fellini – dopo aver visto la tv per tutta la notte poiché soffriva di insonnia – mi chiamò. Mi disse che aveva visto tutto, persino un corso di matematica pura, e condivise con me una sua riflessione: la tv ci avrebbe presto resi tutti “ciechi e sordi”. Secondo lui infatti le parole erano talmente tante, veloci, confuse, che rischiavano di perdere il loro senso in una grande Torre di Babele.