Francesco Gabbani: “La gente mi ama e Viceversa”

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È “un italiano vero” Francesco Gabbani: dopo aver vinto il Festival di Sanremo per ben due volte, dapprima nella categoria Nuove Proposte con Amen nel 2016 e poi tra i big con Occidentali’s Karma nel 2017, quest’anno sul palco dell’Ariston si è piazzato al secondo posto cantando Viceversa, brano che spiega attraverso poche semplici parole la reciprocità dei sentimenti. Per la serata delle cover, vestito da astronauta, ha interpretato L’italiano di Toto Cutugno, ormai bandiera musicale nostrana all’estero. Il cantautore di Carrara si è aggiudicato il Premio Tim Music in pole position sulle piattaforme streaming con un grande consenso popolare e sono tanti i progetti che lo aspettano in futuro. Come il concerto del prossimo 8 ottobre all’Arena di Verona.

Che effetto le fa ritornare a Sanremo e ricevere tutto questo affetto dalla gente?

Sembrerà banale, ma la reazione dei numeri e del pubblico mi fa piacere, mi riempie il cuore di gioia. Perché ho sempre dichiarato che il mio ritorno al Festival sarebbe stato molto sereno e senza ipocrisia poiché lo sfizio di vincere me l’ero già tolto, in un modo altisonante e inaspettato, soprattutto nel 2017. Sono arrivato a Sanremo con la voglia di portare in gara “Viceversa” che mostra un’altra parte di far musica di Gabbani e che fa leva su contenuti emozionali che partono da uno strato viscerale, che comunque è sempre esistito nelle mie canzoni e che i miei fan conoscono bene. Preferisco chiamarli supporter, fan rimanda al fanatismo e non mi sembra il caso. Non ho uno spiccato senso di competizione, mi hanno insegnato che qui vince la canzone più bella, al di là delle messe in scena. Prima di ritornare non ho provato un senso di paura ma in me era forte la curiosità di capire quale sarebbe stato il feedback del pubblico. Sono molto contento poiché credo di essere riuscito ad esprimere il concetto del pezzo, il “Viceversa” dettato dall’autenticità con cui mi sono approcciato al brano.

Viceversa, una canzone che contiene due collaborazioni importanti: quella con Matthew Sheeran, che ha curato l’arrangiamento degli archi, e Pacifico tra gli autori

Sì, sono orgoglioso che nella storia e nella creazione  di questo pezzo ci sia Gino, in arte Pacifico, una persona che conoscevo e stimavo già tantissimo come autore e che ho avuto il privilegio di incontrare lo scorso anno. Con lui c’è stato uno scambio umano e professionale per la scrittura. Ho trovato un uomo di una profondità, di un’ironia e di una sensibilità incredibili e devo dire che mi ha aiutato tanto a concludere, lucidare, ottimizzare portando il suo punto di vista anche nelle altre tracce del disco con una grande potenzialità comunicativa. L’album “Viceversa” è prodotto da Matteo Cantaluppi e a distanza, grazie alla tecnologia digitale, abbiamo proposto a Matthew Sheeran, bravissimo arrangiatore e orchestratore, fratello del cantautore Ed Sheeran, di collaborare con noi. Ha accettato senza contaminare di ghirigori barocchi la melodia di una canzone che ha definito bellissima.

Francesco Gabbani: dopo aver vinto il Festival di Sanremo due volte,  quest’anno sul palco dell’Ariston si è piazzato al secondo posto cantando Viceversa

Un episodio off  e divertente di quando ha iniziato a suonare dal vivo?

Per me suonare sul palco e dal vivo è la dimensione più completa. Ho iniziato a 15 anni, andavo ancora a scuola e mia madre mi lanciava i sacchetti con il cambio dei vestiti perché il giorno successivo avrei dovuto frequentare le lezioni al Liceo classico. All’epoca facevo blues in tutti i locali della zona di Massa Carrara. Questo per dire che il live da musicista mi dà sempre grandi soddisfazioni. E l’8 ottobre ci sarà il mio concerto all’Arena di Verona, un luogo così carico di energia sul piano artistico e ricco di suggestioni architettoniche.

Il mondo di Viceversa è arrivato a tutti, secondo lei  ciò è dovuto al potere di Sanremo?

Non lo so, è ovvio che la forza comunicativa di Sanremo continui ad essere tale. Sono qui per far ascoltare un lato di me che non era ancora stato colto. Il Gabbani solare, scherzoso e che va a tempo è uguale e diverso da quello che canta La mia versione dei ricordi, nata in collaborazione con Fabio Ilacqua e accostabile a Viceversa. In tre anni di vita ho scritto canzoni con un’analisi personale e interiore, maggiore sostanza per essere inconsciamente più forte nella comunicazione. In questo caso, al di là dell’intervento di Pacifico, c’è un Francesco Gabbani più autentico e semplice che forse arriva di più, complice il Festival naturalmente.

Oltre ad essere un artista che ha alimentato la spettacolarizzazione sanremese del brano, come Lo Stato Sociale e Daniele Silvestri, dà l’impressione di recitare le parole che canta in modo teatrale. Un po’ alla Domenico Modugno e Massimo Ranieri. C’è uno studio particolare dietro?

Intanto sono onorato del paragone. No, non c’è uno studio di recitazione dietro e la mia espressività corporea è spontanea. Nel mio modo di essere incisivo nella comunicazione il mio fisico reagisce verso quella direzione. Nella messa in scena di Viceversa, a differenza di “Occidentali’s Karma” in cui avevo studiato e provato i movimenti per non pensare mentre cantavo, non c’è niente di calcolato. Il videoclip curato dal regista Fabio Capalbo è un esperimento e lì interpreto l’intensità delle parole in modo minimale davanti alla telecamera senza pronunciarle. Non è stato facile.

L’album uscito il 14 febbraio e il pezzo mostrano che divertimento e impegno autorale per lei viaggiano di pari passo. L’italiano vestito da astronauta sulla luna nella serata delle cover conteneva un messaggio politico?

In realtà è molto importante che sia stata capita la mia interpretazione de L’italiano, oltre il significato politico. Do per scontati alcuni valori come il rispetto dell’umanità senza passare per buonista. Per me è sottintesa la consapevolezza dell’italianità ed esserlo con pregi e difetti. Non sono un sostenitore dell’estremismo, mi auguro sia passato il concetto di voler divertirsi. Dire facciamo la pace e non la guerra sarebbe un discorso futile. Il significato scherzoso era quello di esprimere l’italianità nel cosmo perché ognuno di noi è un italiano con la sua etica sociale nell’universo.

Come affronterà il palco dell’Arena di Verona ad ottobre?

Dal Mandela Forum, di cui si è parlato poco, poi non ho fatto i palazzetti e sono andato io dalle persone con 50 date  e vendendo circa 130mila biglietti. Mentre invece avrei potuto fare sei o sette  tappe sparse per l’Italia. L’idea dell’Arena ha un valore simbolico, mi piacerebbe fare un concerto senza artifici particolari perché la dimensione live cruda è quella più vera e rock’n’roll rispetto ai dischi che sono più curati visto che sono un perfezionista. Vorrei invitare degli ospiti che diano un valore aggiunto e con cui avere una sinergia reale, non finalizzata alla vendita puramente commerciale del biglietto.

Ospiti internazionali?

Paul McCartney.

Andrà all’estero con il tour?

Non ci sono progetti all’estero per il momento perché la canzone è italiana a tutti gli effetti come chi l’ha scritta. All’apertura internazionale ci penseremo poi se dovesse capitare. Esibirsi fuori dall’Italia sarebbe fantastico.