Camillo Langone intervistato sul numero di gennaio del mensile CulturaIdentità, in edicola distribuito con il quotidiano il Giornale.
E’ stato (e con ogni probabilità lo è tutt’ora) l’unico “critico liturgico” esistente al mondo e l’esito di questa specialità sono due libri, Guida alle messe (Mondadori, 2009) e La vera religione spiegata alle ragazze (Marsilio, 2007), ma il suo “battesimo del fuoco” con l’opera letteraria è stato Scambio coppie con uso di cucina (ES, 2003). E’ un esperto eno-gastronomico, termine che sicuramente gli procurerà il voltastomaco e le sue critiche sulla rubrica La diva bottiglia pubblicata dal quotidiano Il Foglio nei primi Duemila erano una voce fuori dal coro degli specialisti. E’ anche un esperto di arte e recentemente ha battezzato la nuova ondata di pittori figurativi raggruppandoli sotto l’egida dei “Novantiani“, cioè i nati nei Novanta. All’arte ha dedicato il libro Eccellenti pittori. Gli artisti italiani di oggi da conoscere, ammirare e collezionare e la sua ultima fatica letteraria è Dei miei vini estremi. Un ebbro viaggio in Italia, un modo colto per unire il piacere dei sensi a quello dell’intelletto. Lui è Camillo Langone (Parma, 1962; vive e lavora a Parma) ed è l’esatto opposto degli art addicted che cicalano nel piccolo mondo antico della provincia italiana dell’arte che vuol far l’americana. Anche lui come noi prenderebbe a male parole le installazioni artistiche che piacciono ad Artissima e agli artisti anglo-pakistani con ascendenze finniche dal nome impronunciabile operanti fra il Kirghizistan e San Francisco risponderebbe facendo spallucce. A lui, che ha fatto il viaggio nella provincia italiana (Pensieri del lambrusco. Contro l’invasione, Il collezionista di città. Viaggi italiani), giriamo tre domande sullo stato degli artisti italiani della provincia: poi non veniteci a dire che Piero Chiara c’entra niente.
Caro Camillo, chi sono oggi i chiaristi lombardi, i discendenti della Scuola di Posillipo, i nuovi Maestri veneti e gli artisti della Scuola Romana?
Di chiaristi lombardi non ce ne sono più e non mi dispero affatto: davvero qualcuno sente il bisogno di un erede di Lilloni? Oggi ci sono piuttosto degli scuristi lombardi: Arrivabene (Agostino Arrivabene, n.d.r.) e L’Altrella
(Maurizio L’Altrella, n.d.r.) . Anche la Scuola Romana è soltanto un ricordo, in piazza del Popolo ci vanno solo i turisti e la piazza di internet più che riunire divide. Il discendente della scuola di Posillipo è chiaramente Tommaso Ottieri. Il nuovo maestro veneto è Nicola Verlato.
Lo scorso numero di CulturaIdentità era dedicato al cibo: un pittore che non sa cucinare cos’è per te? E pittrici cuoche, ne conosci?
Nemmeno io so cucinare, quasi nessuno sa cucinare: perché mai dovrebbero saperlo fare dei pittori e delle pittrici? Perché le pittrici sono donne e le donne dovrebbero starsene ai fornelli? Ma una pittrice prima di essere una donna dev’essere una pittrice… Il rapporto di un pittore con il cibo dev’essere innanzitutto pittorico, il caso più entusiasmante è quello di Enrico Robusti che mi ha ritratto fra salami e bottiglie di Lambrusco…
Questo numero di CulturaIdentità esce quasi a ridosso di Bologna Arte Fiera e anche se vivi a un tiro di schioppo da lì sicuramente non ci andrai, ma se volessi fare l’agente provocatore ad Arte Fiera cosa combineresti?
Detesto le fiere, anche quelle dedicate al cotechino, figuriamoci, e detesto le provocazioni. Sono un uomo semplice e diretto. Se avessi la mailing list degli intenzionati ad andare ad Arte Fiera scriverei loro pressappoco così: “Statevene a casa, piantatela di fare del turismo dell’arte e diventate protagonisti dell’arte, soggetti dell’arte. Ossia diventate committenti. Commissionate ritratti (vostri o delle persone che amate), commissionate paesaggi dei luoghi a voi cari. Non fatevi usare dal mondo dell’arte: usate il mondo dell’arte! Non comprate opere seriali realizzate da qualcuno che nemmeno vi conosce, e che potrebbero essere vendute a chiunque. Le fiere dell’arte stanno all’arte come i quartieri a luci rosse stanno all’amore.
Andate a trovare gli artisti nei loro studi, parlate con loro, pranzate con loro, bevete con loro e alla fine commissionate un quadro che non sia solo uno scambio di denaro, un quadro che vi appartenga intimamente e per sempre. Immortalatevi, immortalate”.
Il Padiglione Italia di Camillo Langone se alla prossima Biennale di Venezia lo curasse lui: fuori i nomi
Esporrei pittori, solo pittori, nient’altro che pittori. Nel numero evangelico di dodici. Ma i nomi li tengo dentro, anzi non li tengo da nessuna parte, sarebbe spazio mentale sprecato siccome non mi faranno curare alcunché.