Avevamo un genio e sapevamo di averlo. Permettetemi di chiosare la frase originale di Maurizio Costanzo (“Avevamo un genio e non sapevamo di averlo”) su Carmelo Bene per riferirmi a Federico Fellini, di cui oggi ricorre il centenario della nascita. nella gran messe di tributi al cineasta noi di OFF vogliamo parlarvi di un bellissimo libretto uscito fresco fresco da Les Flaneurs Edizioni di Bari scritto da Isabella Cesarini, con prefazione di Gennaro Malgieri: Edificio Fellini. Anime e corpi di Federico, questo il titolo della piccola perla di carta e inchiostro, è un viaggio in compagnia di quegli scrittori che hanno dato al cinema felliniano il carattere onirico che lo contraddistingue.
In particolare, il libro di Isabella Cesarini scandaglia gli alimenti letterari di cui si è nutrito il cineasta romagnolo, soffermandosi in special modo su quegli aspetti che la cronaca – la cronaca sia pur alta – non ha adeguatamente messo in mostra.
Non a caso uso l’espressione “mettere in mostra”, perché Edificio Fellini non è solo un viaggio ma anche un’esposizione di quadri: nella fattispecie, dei ritratti di autori che hanno dato all’impresa culturale felliniana i connotati dell’inconscio e dell’esoterico.
Questi i “compagni di viaggio” del Maestro: Italo Calvino, Tonino Guerra, Charles Dickens, Dino Buzzati, Adolfo Rol, Ennio Flaiano, Casanova, Franz Kafka e Edgar Allan Poe: non solo psicoanalisi e un certo esoterismo, ma anche la tragicommedia della cultura popolare contemporanea.
Basti ad esempio il tratto di viaggio che Isabella Cesarini ci fa fare in compagnia di Ennio Flaiano, che nel suo Diario degli errori realizza un affresco “di un paese in preda all’espediente straccione” (cito dal testo della Cesarini) così straordinariamente affine alla scenografia di La dolce vita, che è “[…] il ritratto, già fissato nel Diario, dell’incapacità di andare oltre le proprie frivolezze”: “la Dolce vita non è altro che la penosa vita eretta sui vizi e le bassezze dell’esistenza”.
Un altro interessante compagno di questo viaggio onirico/letterario è Edgar Allan Poe, che appare in contumacia (e vi spiegheremo il perché) nel film corale Tre passi nel delirio (Roger Vadim, Louis Malle, Federico Fellini): il Maestro firma Toby Dammit, ispirato al racconto Mai scommettere la testa con il diavolo, in realtà letto solo durante le riprese e quindi pretesto non tanto di una trasposizione quanto piuttosto di una ri-scrittura felliniana dell’originale racconto di Poe.
Anche qui lo scenario è Roma, “più felliniana che romana, per stabilire la prepotenza di una vocazione: la vocazione della morte”, in uno scombussolamento non solo spaziale ma anche temporale: perché, per dirla con Flaiano (e quindi con Fellini): Chi vive nel nostra tempo è vittima di nevrosi. Per vivere bene non bisogna essere contemporanei”.
Il libretto di Isabella Cesarini è un bellissimo oggetto, arricchito di foto in nero dei compagni di viaggio di Fellini, piccoli disegni e pagine in nero con caratteri in bianco, in un caso (il viaggio con Gustavo Rol) convertiti in stile gotico.
Da comprare e da leggere subito, queste “anime” che han fatto il viaggio con Fellini: asa nisi masa.