L’autrice in questa silloge (La venatura della viola, Giuliano Ladolfi Editore, 56 pagine, 2019, 10 euro) sceglie, per opporsi alle brutture della vita, la semplicità e la bellezza di un piccolo fiore, la viola.
«Amo la gentilezza e la calma accesa della viola, quella lentezza che mi permette di soffermarmi con garbo sui particolari, sui dettagli incustoditi».
Così si legge nella Lettera al lettore di Rita Pacilio che, introducendo la raccolta poetica, ci invita ad avere cura delle poesie del libro e ad usare buone maniere e tenerezza di fronte a un albero, un fiore, a tutte le meraviglie del Creato perché solo con la gentilezza possiamo farci noi stessi “ingranaggi universali d’amore”.
La metafora della violetta ha l’intento di porre l’attenzione sul fatto che non si dà, troppo spesso e purtroppo, sufficiente importanza alle cose piccole, prendendole per scontate; la violetta è il pretesto per sollevare una critica costruttiva sul fatto che di questi tempi in cui nostro malgrado siamo testimoni di una crisi di valori, può essere possibile ritrovare una forma di coscienza capace di interrogarsi sull’importanza dei dettagli, dei piccoli gesti e creature, rispettandoli e riconoscendo il valore intrinseco che racchiudono.
Si ritrovano nella silloge echi pascoliani e il linguaggio dei componimenti si mostra scevro da ogni sovrastruttura perché ciò che conta è ritrovare le proprie radici, l’essenzialità a contatto con la terra:
Bisogna fissare l’ago della bilancia / la luce dei papaveri allungata contro l’oscurità / imparando a trattenere il mondo / sotto le scarpe
Così l’autrice, recuperando le origini e la memoria, ci conduce in una dimensione dove il poeta guarda alle cose con gli occhi del bambino senza lasciare che la meraviglia possa essere in alcun modo risultare contaminata dalle disarmonie del progresso come si evince peraltro dal meraviglioso componimento intitolato Ho tre alberi in cima agli occhi, che ci ricorda come osservare sia ben diverso da vedere:
Il primo si arrampica nell’infanzia intrecciandosi / ai piedi di mio padre…//… Il secondo albero è un arancio del giardino di mia nonna. Generoso mi ha iniziata alla poesia, all’occasione / del mistero come istinto, fede, stanza, sospiro… //… Il terzo è in fila sul viale delle Piagge. / Lì ho imparato l’amore.