Con Marco Angelini il nostro passato al tempo presente

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Il 7 novembre inagura, presso il museo Bastion 23 – Palais des Raïs di Algeri, la personale di Marco Angelini dal titolo La memoria delle forme, a cura di Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci. La mostra è stata realizzata in collaborazione con l’Ambasciata Italiana ad Algeri, il Ministero della Cultura, il Ministero degli Affari Esteri e l’Istituto Italiano di Cultura di Algeri, che occasione della XV Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI, ha selezionato l’artista Marco Angelini come unico rappresentante annuale della cultura italiana.

Il percorso espositivo è composto di venti tele con cui l’artista, attraverso il colore acrilico, svela al pubblico il legame inscindibile tra simbolismo cromatico e senso figurato degli oggetti, operando una rilettura del passato, delle proprie memorie unite alla memoria collettiva, memorie che vivono nell’impossibilità di disgiungersi dal tempo presente.

Il passato è rievocato dall’artista ora attraverso i colori come suoni trascritti, ora attraverso le forme, le fattezze di oggetti tangibili o anche solo immaginati: per farlo, Angelini ha scelto tre colori rappresentati la terra algerina, ovvero il giallo, il verde e l’oro, colori preziosi e vivaci che fanno della forza del segno pittorico un minuzioso racconto nel nostro vissuto. Angelini fa dunque della superficie pittorica il luogo d’incontro ideale di forma e concetto, di segni e significati, una ricerca espressiva dominata infatti dai materiali più disparati: chiodi, viti, nastri di registrazione, pellicole fotografiche, oggetti d’uso quotidiano in grado di registrare la propria e l’altrui memoria tattile, visiva, dei sensi tutti.

Così la curatrice Giuditta Elettra Lavinia Nidiaci scrive nel testo critico del catalogo in corredo all’esposizione: ”Il senso figurato degli oggetti che si annida dietro alla rappresentazione di forme e alla resa dei colori, questo simbolismo cromatico, allegoria di una contemporaneità che inevitabilmente guarda ad un passato da cui non può scindersi, che guarda al ricordo come memoria delle forme, tutto questo si ritrova, perfettamente calzante, nel lavoro di Marco Angelini. Il corpus di lavori da lui presentati intercettano ed intrappolano in una campitura piatta di colore, che pur si muove sinuosa a macchia d’olio nei suoi bagliori dorati, nel giallo e nel verde imperturbabili, lo stagliarsi imponente sul bianco, attirando nuove forme come una calamita, vegliando su tutte le cose che vi “abitano” al di sotto.