Da bambini Antonio (Vinicio Marchioni) e Agostino (Marco D’Amore) erano amici per la pelle. La loro infanzia, fino alla prima adolescenza si era consumata nel piccolo paese natale dei due, una frazione nel cuore della Sicilia. Antonio e Agostino guardavano al futuro con una valigia piena di sogni e di speranza, immaginandosi insieme, come erano sempre stati. Ma questo idillio si interrompe, e quindici anni più tardi, trentenni, entrambi all’estero da tempo, portano avanti esistenze faticose. Antonio, dopo un lungo peregrinare tra Londra, Berlino e Bruxelles, tra lavori arrangiati e spesso terminati malamente, arriva nei Paesi Bassi alla ricerca di quell’amico di cui non ha più traccia dall’adolescenza. Agostino è diventato un camionista che passa la sua esistenza a bordo del tir consegnando merci in giro per l’Europa. Ma il loro incontro è freddo, sospettoso e distaccato.
Inizia così un road movie drammatico e commovente nel quale il regista siciliano Simone Catania, al suo primo lungometraggio, scava nelle più profonde ed intime problematiche esistenziali dei due protagonisti, ciascuno chiuso nel proprio dolore e nella propria incomunicabilità. Entrambi erano fuggiti dal piccolo centro siciliano quindici anni prima per ragioni assai diverse – Agostino per una conclamata ‘vergognosa’ omosessualità, Antonio forse alla ricerca di fortuna – senza la possibilità di dirsi nulla. Ma è attraverso questo viaggio a ritroso tra Paesi Bassi, Germania, Austria e quindi Italia, fino all’imbarco per la Sicilia, che riemergono, a tratti ed in modo sempre più significativo, le radici di quell’antica amicizia. Si tratta di una storia complessa di sradicamento e di ricerca, di un’identità e di una vita più dignitosa. Entrambi ormai adulti e multilingue sono in fondo alla ricerca di un luogo in cui sentirsi di nuovo a casa.
“Attraverso un viaggio ho cercato di raccontare il sentimento di molti ragazzi che hanno scelto di vivere all’estero ma che vorrebbero tornare. “Drive me Home” vuole dunque far riflettere sul mondo contemporaneo, sul significato della parola “casa”, sul valore di un ritorno, su quello che può sembrare l’ancora di salvezza per il futuro: “la terra”. Un film a suo modo militante di recupero delle origini, della terra e dell’identità non solo individuale ma anche collettiva” ha dichiarato il regista.