“La libertà non è star sopra un albero / non è neanche un gesto o un’invenzione / la libertà non è uno spazio libero / libertà è partecipazione”.
Così cantava Giorgio Gaber, che senza saperlo (o forse sì), toccava con La libertà una delle dispute filosofiche per eccellenza. Vexata quaestio, direbbero i colti. Vaste programme, direbbero quelli più pratici.
Dal libero arbitrio al servo arbirtio (Lutero) all’etica calvinista, passando attraverso gli approcci metateorici alla pratica politica, di libertà e annessi e connessi (liberalismo, liberismo, liberaldemocrazia) il dibattito culturale è pieno, ma siamo sicuri che la libertà sia veramente nel mondo “là fuori” e che basti uscire dalle tenebre della fallacia delle nostre credenze per poter cogliere questa fantomatica libertà fior da fiore?
Il mito della caverna di Platone è da smontare, la verità è qui , perché “la caverna è la Terra. La mater“: così Emanuele Franz nel suo ultimo libro, L’inganno della libertà. Discorso sovra la natura dell’arbitrio e della sua unicità, con prefazione di Alexandr Dugin e postfazione di Giulietto Chiesa (Audax Editrice, 2019, 112 pagine, 13 euro).
Per Emanuele Franz la libertà non è un cammino, non è una tensione, non è qualcosa che si possa o si debba raggiungere: non è qualcosa che sta là, ma qui, dentro di noi, nella caverna, “Il luogo interiore, quello che santa Teresa d’Avila nel 1577 avrebbe detto il castello interiore è silenzio, interiorità, terra, spirito femmineo”.
E’ la fallacia dell’impostazione platonica, neoplatonica e metafisica della verità, che pure ha goduto e gode di una millenaria rispettabilità: “Platone ci ha ingannati tutti. Il sole è luna e la luna è sole“.
La libertà la cogliamo dentro di noi, nell’introspezione, nel ripiegamento interiore. Non dobbiamo liberarci da nessuna catena, non dobbiamo andare da nessuna parte “là fuori”. Insomma: “Lo scopo dell’uomo non è liberarsi uscendo dal mondo terreno, ma entrarci dentro completamente“.
Certo, ci vuole coraggio. Ci vuole decisionismo, per citare quel filosofo della politica Carl Schmitt citato da Alexandr Dugin in prefazione (un decisionismo, per restare confinati all’ambito della vita politico/culturale italiana, in parte incarnato da Bettino Craxi).
La libertà è, per Emanuele Franz, una scelta continua controcorrente in un mondo che si riempie la bocca di questa parola contemplando in realtà un veleno, un vizio.
Come recita il complemento del titolo di questo pamphlet dall’andamento quasi aforismatico, L’inganno della libertà è un testo filosofico che indaga la natura ultima della capacità che ha l’uomo di scegliere. E’ una disamina del concetto occidentale di libertà, oggi intesa come condizione ludica e ricreativa, livellatrice degli individui, alla quale Franz contrappone un’altra libertà, quella che evocavano gli antichi Greci nella parola Eleuteria, legata alla Dea Eleuthia, Dea della nascita e della vita: quindi a un generare la vita, a un offrire la vita, contrariamente a come è intesa oggi la libertà, ovvero di prendersi ciò che fa stare meglio.
Qui Emanuele Franz presenta la sua tesi, quella dell’unicità e dell’irripetibilità dell’arbitrio, che non è né deterministica, né a favore del libero arbitrio né del servo arbitrio: l’uomo può scegliere, ma una e una sola volta in tutta la sua esistenza e da questa scelta consegue tutto il resto secondo quella che viene definita “la scelta originaria”. Un piccolo saggio che solo per apparente contraddizione è attualissimo.