Non spegnete Radio Radicale, faro di libertà e pluralismo

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Non spegnete Radio Radicale, faro di libertà e pluralismo
ph Skitterphoto - Pixabay License

La legge di Bilancio del 2019 era stata un’antifona già piuttosto chiara, se non impietosa, di come il governo volesse ridisegnare il gettito da destinare all’editoria. Una decisa stretta alla cinghia, peraltro in convivenza ossimorica con la presenza nella stessa legge di forme di sostegno a progetti finalizzati alla diffusione della cultura della libera informazione plurale.

Quando il 15 aprile, a margine di una conferenza, a Milano, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’editoria Vito Crimi ha annunciato che il governo non intendeva rinnovare la convenzione con Radio Radicale, ha cominciato a piovere sul bagnato. Bisogna andare a ritroso fino al 94 e alla legge Mammì per risalire alle origini di questa storia, con Radio Radicale unica presente all’appello del bando -snobbato dalla Rai, forse per ragioni economiche ed editoriali, che impegnava un’emittente radiofonica a trasmettere per ogni impianto, dalle 8 alle 21, almeno il 60% del numero annuo complessivo di ore dedicate dalle Camere alle sedute d’aula.

Senza concorrenza, Radio Radicale si aggiudicò il bando. E a colpi di rinnovi si è arrivati al 14 aprile 2019. Basta moltiplicare la quantità di ore da monitorare previste dal bando per tutti gli anni in cui è stato rinnovato, per comprendere il ruolo che Radio Radicale ha svolto nel Paese.

Massimo Bordin alla premiazione del Premiolino 2009 – Ph Jollyroger – fonte Wikipedia

Se il Parlamento ha avuto una voce in questi anni, è stata la loro, in particolare quella di Massimo Bordin, il cui tempismo nella scomparsa sembra al tempo stesso un monito e un grido di denuncia. Si spegne un faro, considerando l’importanza che ha rivestito la sua puntuale rassegna stampa mattutina.

Il cordoglio dei colleghi suona sulle note del Requiem di Mozart, al posto del tradizionale palinsesto. La decisione di chiudere il rubinetto a Radio Radicale assume il sapore di un bavaglio, alla luce degli interventi che si sono susseguiti a ritmo serrato su giustizia, carcere, diritti umani e civili. Un instancabile baluardo contro la disinformazione. L’indignazione che ha unilateralmente colpito tutti, a destra e a manca, mette in secondo piano le inclinazioni politiche dell’emittente, pur evidenti e quasi mai condivisibili.

Il sintomo, dunque, è che in gioco ci sia ben altro. La missione Radicale, in sostanza, ricorda un po’ un Pannella del 76 che, entrando in Camera dei deputati raccoglieva gli stenografici degli interventi dei deputati –quando erano destinati al macero- per distribuirli in giro, in difesa del diritto di informazione.

Se secondo l’adagio nietzscheiano gli abissi stanno ai profondi e le finezze ai sottili, difficile stabilire che qualità associare a chi si è fatto promotore di un provvedimento che ha del censorio.

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