Calabria profonda. I protagonisti di Rapiscimi, opera prima di Giovanni Luca Gargano, nelle sale da fine aprile, sono quattro amici disoccupati e improbabili. Un ex poliziotto licenziato perché non entra più nella Panda “nemmeno se ci sfondano il tetto”, un insegnante di tango che afferma di essere “sex addicted”, un dj e aspirante rapper con qualche problema a trovare le rime e un sincero appassionato di droghe che non lavora “per tradizione di famiglia e scelta etica” si trovano coinvolti, loro malgrado, in un disastro paesano. Hanno dato fuoco alla statua della Madonna e ora devono trovare i soldi per riparare al danno. Le prime idee vengono scartate, finché l’aspirante rapper ha il colpo di genio: inventarsi una società di vacanze estreme. Finti rapimenti per i ricchi annoiati disposti a pagare per provare quel brivido in più. Tre pacchetti: soft, medium e “barbaramente crudele”. Location: i selvaggissimi boschi calabresi. Li aiuta Giulia, seducente programmatrice informatica, che oltre a costruire il sito procura loro il primo cliente, Pedro. “Vivi l’estremo. Fatti rapire.” annuncia lo slogan della nuova compagnia.
Tutto sembra andare per il meglio, salvo un piccolo particolare: il Pedro rapito e bastonato non è proprio quello giusto.
Comincia così, tra le selve italiane e le spiagge del Portogallo, un avventuroso intreccio di colpi di scena, tradimenti, passioni, ricatti, santini, scheletri che escono dall’armadio, sacerdoti che pregano John Lennon, water sonori, caciocavalli e fucili caricati a salve, dove a essere bastonati sono soprattutto le ipocrisie e gli interessi dei finti buoni e i vizietti di una modernità nevrotica, ma senza nessuna pesantezza moralistica.
Rapiscimi è una commedia ben orchestrata e ben interpretata, vivace e amabilissima, con una fotografia che si apre sulle bellezze incontaminate della nostra natura e una colonna sonora in puro stile calabro a base di musiche originali di Franco Eco.
Per chi ci riesce, è consigliato sgranocchiare peperoncini al posto dei pop-corn.