La vedremo il 3 Maggio a Trieste al Teatro Bobbio e il 7 Maggio a Roma all’Auditorium Parco della Musica. Il suo ultimo album è RED, uscito lo scorso febbraio. Ospite della trasmissione di Rai Radio1 “Un Giorno da Pecora”, Patty Pravo, dopo una sua affermazione su Sanremo (“Mi mancava solo una partecipazione al Festival per arrivare a dieci presenze, per poi non andarci più“), ha detto la sua sulla ricorrenza del 25 aprile. Lei festeggerà la Liberazione?, le chiedono i conduttori Giorgio Lauro e Geppi Cucciari. Lapidaria la sua risposta: “Non mi sembra che ci siamo liberati, mi sembra che ci sia abbastanza casino in giro per non esserlo. Oggi festeggerò l’oppressione”, ha concluso. Vi proponiamo intanto questa sua intervista cult, dove “il fiore del male” si racconta senza filtri (Redazione).
Patty Pravo: la vita e la carriera
dell’artista veneta sono più in generale una grande e disinibita performance.
Arte & libertà. Dice di sé: “sono un fiore del male”
Eccoci, Nicoletta. Benvenuta sul giornaleOFF! Grazie per aver accettato il nostro invito…
Dopo la bella intervista che hai fatto a Osvaldo Supino …
Ti è piaciuta? Sono contento!
Sì, molto.
Vediamo adesso come me la cavo con te: noi iniziamo sempre queste chiacchierate chiedendo di raccontarci un episodio OFF, un aneddoto particolare che ricordi dei tuoi inizi…
L’inizio della mia carriera è stato abbastanza fulminante. Come saprai, ho studiato al conservatorio Benedetto Marcello di Venezia, poi ho chiesto a nonna di poter andare a Londra per imparare l’inglese. Sono andata a Londra e là ho trovato degli amici che mi dissero: “C’è un locale meraviglioso a Roma…”, allora chiamai nonna perché mi riprendessero, e scendemmo con il Maggiolino… lunga, la strada, fino a Roma! Sono andata a dormire e il giorno dopo sono stata al Piper con i miei amici a ballare. Dopo di che, mi è stato chiesto dal proprietario, che era Alberigo Crocetta, che poi è diventato il mio manager, se sapevo cantare bene come ballavo. E naturalmente, a sedici anni, che dici? Sì!
Ma che cosa ti aspettavi dal Piper? Perché lasciare Londra?
Ma per divertirmi, naturalmente!
Ah, semplicemente per divertimento…
Certo… Eravamo ragazzi in gamba, eh?
E queste notti al Piper com’erano? Perché soprattutto noi giovani sentiamo tante leggende sul Piper e siamo curiosi di sapere qualche aneddoto che magari non è mai stato raccontato…
C’erano ragazzi che venivano da tutto il mondo, specialmente dall’Inghilterra. Che ti posso dire… ho litigato con i Pink Floyd perché un pomeriggio arrivarono per provare e io ero passata dal palco – ormai ero già Patty Pravo – a salutare Carlo Faletti, che era il dj storico di questo splendido locale. Avevamo inventato delle luci psichedeliche con dei colori a olio che si mettevano dentro un proiettore e quindi venivano fuori queste luci e allora George Roger Waters tranquillamente ha detto: “Ah, ma voi avete copiato da noi!” … e litigammo, ma poi siamo diventati amici. Dopo parecchi anni ho comprato un loro impianto strepitoso, forse il più grande impianto al mondo in quel periodo.
Vi siete mai esibiti insieme?
No, assolutamente.
Quindi nasci Nicoletta Strambelli, poi debutti come Patty Pravo. Tra l’altro, so che il nome Pravo ha un’origine dantesca…
Esatto… Una sera stavamo parlando dell’Inferno – perché al conservatorio studiavamo anche il Dantismo con il Prof. Chiaretti – e vennero fuori queste anime prave… Poi c’era anche un giornale importante del nord che si chiamava Pravo, e c’era un movimento che si chiamava Provos e faceva parecchie cose all’avanguardia… Quindi scegliemmo Pravo. Poi c’erano un sacco di ragazze inglesi – si va a periodi con i nomi, no? Come adesso Matteo o altro – che si chiamavano Patty… E così andò.
Ecco, Patty Pravo. Sei diventata un’icona per moltissimi giovani, soprattutto in un periodo di contestazione: perché il tuo più grande successo, “La bambola”, è una canzone che hai portato a Canzonissima proprio nel 1968, che è un anno passato alla storia per i movimenti di contestazione…
Ma non venni contestata per quello. Anzi, vendetti nove milioni di copie!
Una mia curiosità: secondo te, oggi c’è una cantante che può essere considerata un’icona tanto quanto te all’epoca?
Boh, sai, io non auguro mai di assomigliare a qualcun altro. Quindi spero bene che ci sia qualcuno con una grande personalità, un grande spirito e una grande preparazione. Ne saremmo tutti felici.
Abbiamo citato appunto “La bambola”, che ha venduto milioni e milioni di copie…
Ventinove milioni, che io sappia. Magari sono anche aumentati con i tempi. So che, in generale, ho venduto centodieci milioni di copie.
Ecco. “La bambola” l’hai portata a Canzonissima nel 1968, però è una canzone che è stata all’inizio rifiutata da molti artisti: so che era stata proposta anche a Little Tony in una versione maschile, però c’era un po’ di ritrosia perché era considerata molto all’avanguardia. E ovviamente tu, che sei sempre stata un’artista che ha anticipato i tempi, hai pensato bene di renderla un successo…
Era stata presentata a Caterina Caselli e anche all’Equipe ’84. Cosa stranissima, perché per un gruppo cantare un pezzo del genere sarebbe stato molto strano.
Sempre a proposito de “La bambola”, si dice che tu non l’hai amata subito, perché è una canzone che un po’ spinge a immedesimarsi con uno stereotipo di donna che dipende dall’uomo. Com’è invece Nicoletta?
Beh, certamente non dipende dall’uomo!
Non sei bambola…
Ma no, però sai, le canzoni… Non l’ho vista sotto questo aspetto, anzi era una rottura. Per usare un termine che si usava sbagliando, in negativo. Invece nel mio caso era in positivo, e quindi è andata bene.
È andata benissimo. Poi nel ’73 hai accettato una sfida, perché hai deciso di collaborare con dei giovani professionisti come Paolo Dossena…
Prima ancora: mi sono dedicata al repertorio in francese, cantando Jacques Brel…
Leo Ferrè…
E Piero Pintucci che sentì questa cosa scrisse un pezzo strepitoso che si chiama “Tutt’al più”. Quindi sono passata dai primi tempi di “Ragazzo triste”, che facevo beat, poi con “La bambola” facevo pop, poi sono passata al classico, e poi sono ripassata al pop con “Pazza idea”.
E questa “Pazza idea” è rimasta nel cassetto per nove mesi…
Ma perché non ha colpito subito? Tra l’altro è uno dei tuoi pezzi più straordinari…
Perché era un po’ avanti per allora, capito? C’era un bridge, c’era uno special, che non si contemplavano allora. E poi, una stupidaggine: dicevano che la zeta non era sonora. Quindi vedi…
Li abbiamo smentiti nel corso degli anni. Sempre parlando di “Pazza idea”, Dossena una volta parlando di te ti ha definita “un fiore del male”, citando la bellezza dannata di Charles Baudelaire. Un riferimento assolutamente aulico…
Non lo sapevo, però…
È una bellissima definizione… Parlava di questa tua bellezza un po’ dannata e anche artistica e quindi ti ha un po’ paragonato a Baudelaire con “I fiori del male”. Procedendo nella tua carriera, arriviamo all’incontro con Ivano Fossati, che scrive per te “Pensiero stupendo”…
Prima aveva scritto “Vola”. Che è anche su un videoclip splendido di “Stryx”, un video strepitoso che lui scrisse per me. Poi, molto più avanti – perché io feci altri album e ne feci uno rockettaro da morire che si chiama “Biafra” dove suonai, arrangiai e scrissi i testi…
Tra l’altro, anche se non è andato benissimo, so che tu lo ami pazzescamente, perché è uno dei tuoi album più all’avanguardia…
Sicuramente sì. Sai, l’hanno pubblicato poco, quindi… In quel periodo avevano paura. Poi ho incontrato Ivano, tra l’altro per caso, perché lui era andato a portare questo pezzo per me ed io avevo affittato a Roncobilaccio un albergo dove stare con i musicisti e tutta la band e quel mattino decidemmo di passare dall’RCA. Quindi ci incontrammo con Ivano e con Ennio Melis alle dieci e mezza del mattino, sentì il pezzo e chiesi dove si poteva registrare subito, visto che ero con la mia band. E andammo in uno studiolo mezzo diroccato, perché tutti gli studioli erano pieni, e suonammo. Ivano suonò la classica e poi c’era alla batteria Gianni Dall’Aglio e Paul Jeffery alle chitarre elettriche.
“Pensiero stupendo”, che è una canzone molto bella, ha un testo audace. Ma se ti chiedessi che cos’è per te il sesso?
È una cosa naturale. È una cosa bella.
E quindi il tuo pensiero stupendo qual è?
È un pensiero stupendo.
Parlando delle tue canzoni, ce n’è una che non rifaresti?
Ma sai, una volta che fai le cose le hai fatte…
Quindi nessun tipo di rimorso canoro.
No… Poi tutto sommato mi piacciono tutte, le mie canzoni.
E invece, col senno di poi, “Donna con te” la canteresti o la lasceresti alla Oxa?
No no, la lascerei a lei.
Patty, tu non ti sei fatta mancare niente. Nel ’92 ti sei fatta anche un po’ di carcere…
Eh vabbè, è successo, cosa vuoi fare? Per mezza canna mi hanno messa dentro, buttandomi su tutti i giornali dicendo che usavo cocaina, cosa che io non ho mai fatto.
Esatto, tu hai sempre ammesso con molta tranquillità che non hai nessun tipo di problema verso le canne, ma nessuna droga pesante, quindi…
Infatti sono stata in carcere tre giorni, poi si sono scusati e mi hanno mandata a casa.
Ma com’è stato cantare in carcere? Perché so che c’è stata questa esperienza in cui tutte le detenute intonavano “Ragazzo triste”…
È stato piacevolissimo. Sai, le cose bisogna prenderle positive. Devo dire che sono stata aiutata: io ero in isolamento, quindi si sentivano solo le voci. E tutte quante erano lì incazzate perché su questi giornali era uscito in prima pagina che usavo cocaina, e quando dissi loro che non era vero diventammo amiche. Quindi ogni tanto mi arrivava una stringa per le scarpe, perché me le avevano tolte, o un paio di ciabattine più comode. Poi ogni tanto si parlava, e quando io sono andata via abbiamo cantato tutte insieme “Ragazzo triste”.
Questo è un lato del tuo carattere meraviglioso. Cerchi sempre di vedere il bicchiere mezzo pieno…
Eh, beh. Nella vita…
E invece il tuo rapporto con il nudo? Visto che sei anche apparsa su alcune riviste spogliata e amici comuni mi hanno detto che anche in sala prove quando fa molto caldo tu non hai problemi a cantare in topless…
Ah, sì sì. Fino a quando sono magra e non ho nulla che cade, non è un problema! Sono abbastanza… Come dire? Sono un po’… Una bellezza androgina
È una bella definizione…
Esatto, quindi non vedo nessun problema.
Hai un buon rapporto con i social e con i fan? Ti scrivi spesso con loro?
Il minimo indispensabile.
Però Osvaldo Supino, grazie ai social, è riuscito ad arrivare a te, finalmente.
Eh, certo! Ci sono anche le cose positive…
È un regalo bellissimo che hai fatto a lui e anche a noi di OFF, quindi siamo molto contenti della tua carineria e della tua disponibilità.
Figurati, è un piacere. Io ringrazio te.
Ti chiedo troppo… ma se ti dicessi “Cina”?
Sono stata la prima al mondo ad andare lì. Ci ho lavorato, ho fatto un disco stupendo. Sono stata la prima a inaugurare facendo uno in cinese e presentarlo in inglese. Ho eseguito dei brani composti in Cina e avemmo un miliardo e trecentottanta milioni di audience.
Io non te l’ho chiesto perché detieni troppi primati, sei arrivata prima in tante cose. Addirittura “Ragazzo triste”, che è un pezzo del ’66, è stata la prima canzone pop trasmessa da Radio Vaticana… sei sempre la numero uno!
Speriamo bene, guarda. La vita è stata dolce con me.
È stata dolce con te però tu hai dato veramente tanto al pubblico. Quindi ti ringraziamo veramente tanto.
E io ringrazio te e abbraccio tutti quanti.
(G.Lazzaro)
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