Da ragazzina era timidissima. Oggi, invece, Vittoria Puccini vive con coraggio e caparbietà ogni sfida incontri sulla sua strada. Off ha incontrato l’attrice di origini fiorentine che ogni giovedì, in prima serata su Rai1, veste i panni della protagonista della fiction Mentre ero via.
Vittoria, come descriveresti Monica, il personaggio che ti stiamo vedendo interpretare nella serie Mentre ero via?
Monica è una donna che, dopo essersi svegliata in ospedale, dopo quattro mesi di coma, trova la forza di guardarsi dentro, all’interno di se stessa, senza aver paura dei suoi lati più oscuri.
Il tuo lavoro ti porta a vestire i panni di molte donne profondamente diverse tra loro. E’ mai capitato anche a te, come a Monica, di porti importanti interrogativi sulla tua identità?
E’ qualcosa che faccio ogni giorno, sono una donna aperta al cambiamento. Ho imparato che spesso l’immagine che abbiamo di noi stessi è una proiezione mentale influenzata da tanti fattori esterni. Faccio un esempio: in passato mi è capitato di lamentarmi con le mie amiche per i tanti impegni che sono chiamata ad assolvere. Dicevo loro: “Pagherei per trascorrere una mattina in relax sul divano”. In realtà, loro che mi conoscono bene mi spiegavano che l’iperattività è un tratto del mio carattere. Accettarlo significa anche smettere di lamentarsene. Preferisco quindi essere stanca, fare sempre qualcosa, piuttosto che avere momenti di vuoto che evidentemente mi spaventano.
C’è un aspetto del tuo carattere con cui hai fatto pace nel corso degli anni?
Il trascorrere del tempo mi ha aiutato a vincere le mie insicurezze. Da ragazzina ero timidissima. Se entravo in una stanza con altre persone, il mio desiderio era scomparire da lì. Paradossalmente ho scelto poi un mestiere che mi porta alla massima esposizione.
Una vera e propria terapia d’urto…
Forse sì. Le mie insicurezze non mi hanno mai bloccata però. Ho cercato di vincerle per spingermi oltre e così mi sono costruita spalle più forti. Fragilità e debolezze, se accompagnate da umiltà, possono darti la consapevolezza che si può sempre imparare qualcosa dagli altri, che ogni obiettivo raggiunto lungi dall’essere un punto d’arrivo è un trampolino per un nuovo traguardo.
Sei diventata mamma quando eri molto giovane. Anche diventare genitore ti ha aiutata a mettere da parte qualche insicurezza?
Senza dubbio. Un figlio ti costringe a essere un punto di riferimento per lui e per poterlo essere davvero ti devi centrare. Fare qualcosa per un figlio è come farlo per se stessi.
Un esempio?
Ho smesso di fumare da più di un anno e mezzo. La spinta maggiore è stata proprio mia figlia: non volevo darle un cattivo esempio.
Quali sono gli insegnamenti più importanti che ti hanno trasmesso i tuoi genitori e che hanno lasciato un’ impronta decisiva sulla tua personalità?
Amandomi profondamente, mi hanno insegnato ad amare. Mia madre è stata un genitore completamente dedito a me e a mio fratello. Oggi anch’io, di conseguenza, mi comporto allo stesso modo con mia figlia.