Giorgio de Finis: “La mia “macchina maieutica”, il museo MACRO Asilo”

0

Seguendo nuvole veloci, torno sotto il cielo di una “casa”, dove si fanno incontri inaspettati. Una grande casa che è il museo MACRO Asilo di Roma. Percorro i suoi corridoi e le sue stanze da dove si sprigionano fascino, energia e pensieri di tante figure apparentemente umane che ci danno il benvenuto e ci invitano nel loro mondo unico: gli artisti. Tante stanze e tanti cieli, tanti quanti le storie, i pensieri e le energie degli artisti che intrecciano i loro destini nel segno della Bellezza e dell’Arte.

Giorgio de Finis, attuale direttore del Museo di arte contemporanea di Roma, antropologo, filmmaker, artista e curatore indipendente. Ideatore del MAAM, Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz _città meticcia e di numerosi progetti pubblici, ha ribattezzato il Macro chiamandolo Asilo e sostituendo le esposizioni tradizionali con un programma con oltre 200 eventi al mese a ingresso gratuito.

Giorgio de Finis: "Ecco la mia “macchina maieutica”, il museo MACRO Asilo di Roma

L’istituzione museale Macro ha accolto entusiasticamente e fattivamente MFR19. Altri meno. Ospitare l’arte fotografica è quasi un atto rivoluzionario contro molte teste dormienti?

A dirla tutta non è questa la rivoluzione che stiamo facendo. Credo che l’impresa che stiamo portando avanti sia un po’ più complessa. Accogliere MFR19 rientra nell’idea di avere un museo “ospitale”, da costruire tutti insieme accogliendo il maggior numero di contributi possibili. Ci tengo a precisare che la parola “asilo” non vuole dire solo accoglienza, ma anche strizzare l’occhio al mondo dell’infanzia, ad un gioco nuovo e diverso rispetto a quello del mondo adulto, nello specifico a quello del sistema finanziario dell’arte. Considero e valuto tutti i progetti che si autocandidano. Cercando di costruire uno spazio museale sfaccettato e cangiante, che eviti il conflitto ponendosi sempre su di un piano metalinguistico. Sono i fruitori quelli invitati a scegliere e a confrontarsi, giudicando ciò che vedono e ascoltano. Quello del museo è uno spazio aperto di incontro e di dibattito critico, un ecosistema della biodiversità. Lavoriamo contro l’omologazione e la semplificazione.

L’importanza che ricopre il tuo museo nei confronti della città è diversa rispetto al passato…

MACRO Asilo a scala urbana è una specie di enorme sinapsi che cerca di mettere insieme gli artisti e la città. E lo fa tenendo conto di quello che è il mondo dell’arte oggi, senza tralasciare i numeri! Mario Perniola ha parlato della nostra epoca come epoca dell’“arte espansa”. Con la globalizzazione tutti e cinque i continenti partecipano al gioco del contemporaneo, che a differenza dell’arte, che appartiene a tutti i tempi e a tutti i luoghi dalla nascita dei Sapiens, è sostanzialmente una invenzione euro-americana. Dalle grotte di Lascaux ad oggi abbiamo assistito ad una progressiva individualizzazione dell’artista, in qualche modo ad un accentuarsi della sua solitudine, parallelamente al moltiplicarsi del numero degli artisti. Il sistema fatto da musei e gallerie, cerca di arginare questo tzunami, chiudendo le porte e imponendo le regole del gioco. A me interessa offrire uno spaccato reale del mondo dell’arte contemporanea (più che del sistema dell’arte contemporanea) e riflettere, con tutte quelle straordinarie “anomalie” che sono gli artisti, sulle grandi questioni del nostro tempo.

Qual è il ruolo dell’artista oggi?

È quello di ripopolare il mondo di diversità, combattere il pensiero unico, contrastare quella caricatura dell’umano che è l’Homo oeconomicus, tutto proteso a massimizzare i profitti e minimizzare i costi. L’arte è un’attività inutile (anche se necessaria). Come il gioco, la festa, appartiene al regno del dispendio, anche se poi finanza e mercato provano a ricondurla alle proprie regole, snaturandola e addomesticandola.

Mi ha parlato del suo progetto che abbraccia la città. In sintesi?

MACRO Asilo è una piazza, un immenso laboratorio dove si studia, si cerca di mettere in connessione le diverse esperienze, le visioni del mondo proprie di ciascun artista. Stiamo provando a concentrare “anomalie” e intelligenze, abbattendo muri e confini disciplinari. Ognuno è invitato a dare il suo contributo, anche – nonostante sia una parola che detesto e che qui mi pare perda senso (data anche la gratuità del museo) – il “pubblico”.

Il metodo ed il fine di questa vostra filosofia?

L’idea è quella di creare uno spazio un po’ disorientante che dia conto della complessità del contemporaneo. Non conta tanto il singolo appuntamento in programma (alle mostre canoniche abbiamo sostituito un palinsesto giornaliero), ma passare da una stanza all’altra, da un discorso all’altro, anche in maniera casuale, e lasciarsi attraversare dalle questioni e dalle visioni che ciascuna propone. Una sorta di iperstimolazione, fatta anche di frammenti, di discontinuità, di cose che piacciono e cose che non piacciono. MACRO Asilo è una “macchina maieutica”, una specie di grande lavatrice, ci si butta dentro, si fanno due o tre giri di centrifuga e a fine giornata a ciascuno il compito di valutare ciò che ha visto e ciò che ha capito. L’obiettivo è quello di far nascere domande nuove, piuttosto che dare risposte.

E il MAAM, Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz…

È una sorta di “miracolo sulla Prenestina”, dentro uno spazio abitato da 200 migranti e precari, è nato un vero e proprio museo, con oltre 500 opere d’arte. Abbiamo realizzato un grande cortocircuito, unendo il punto più alto e il punto più basso della città, cioè il museo d’arte e lo slam, la polvere sotto il tappeto e il fiore all’occhiello delle metropoli globali in competizione. Anche qui l’idea è di far incontrare e dialogare parti di città che non si conoscono, il centro e la periferia, mettendo un riflettore sulla grave questione dell’emergenza abitativa a Roma.

Ludoteca.-Ritratto-dell’ideatore-e-direttore-artistico-del-Maam-l’antropologo-artista-e-filmaker-Giorgio-De-Finis-photo-Giuliano-Ottaviani
Giorgio De Finis photo Giuliano Ottaviani

La sua missione?

Non arrendersi mai al dato del reale, lavorando sempre sul piano del possibile.