A due anni dall’esordio discografico con Orior (Almendra Music), la pianista palermitana Valentina Casesa si mette a nudo con KI, un album di piano solo, aperto a varie collaborazioni di area elettronica/indie classical.
“Una delle cause e conseguenze del forte malessere della nostra epoca è che dedichiamo poco tempo al vero ascolto: siamo bombardati di stimoli che saturano subito le nostre percezioni, privano di respiro intelligenza ed emozioni”, dice Valentina. “Con KI ho voluto creare un “tempo fuori dal tempo”, in cui poter viaggiare per ritrovarsi, in cui poter comprendere la bellezza dell’essere umano in tutte le sue grandi potenzialità”.
Energia è la parola chiave di questo progetto, nato parallelamente alla pratica del Ki Aikido, antica arte marziale giapponese. “Anche in musica ogni singola partitura ha un suo Ki, che la identifica nella sua essenza più vera. La ricerca e realizzazione di questo specifico Ki di ogni musica è il mio modo di essere compositrice e interprete”, spiega la pianista.
La sua storia musicale comincia presto, da bambina: “Un mio cuginetto aveva iniziato a studiare pianoforte ed io fui fortemente attratta da questo grande mobile con i tasti bianchi e neri e morbidi. Ero affascinata anche dal flauto traverso, ma nel quartiere dove vivevo evidentemente non abitava nessun flautista, quindi i miei genitori mi proposero di prendere lezioni di piano ed io accettai contenta”. Poi, a sedici anni, il piano diventa più di una passione, un conforto fondamentale, quasi un necessario antidoto al dolore: “Mio padre morì ed improvvisamente cambiò tutto. Mi chiusi al mondo intero e per resistere allo tsunami che vivevo mi aggrappai al pianoforte e alla musica, che così hanno raccolto la mia rabbia e tristezza, e protetto la gioia e ogni sorta di emozione che mi attraversava l’anima”. Valentina ricorda anche un momento buio del suo percorso musicale, divenuto però un punto di svolta decisivo. “Dopo il diploma di pianoforte in conservatorio iniziai uno studio che scoprii finalizzato solo a fare carriera attraverso i concorsi pianistici. Per me si trasformò presto in un incubo: era una continua e provocata competizione tra compagni. Finii per avere nausea e mal di pancia ogni volta che andavo a lezione. Decisi così di prepararmi da sola all’ammissione al corso di Joachin Achucarro all’Accademia Chigiana di Siena, giurando a me stessa che se non avessi passato l’audizione avrei lasciato tutto e cambiato vita. Per fortuna l’audizione andò bene, il clima umano e di ricerca musicale alla Chigiana era costruttivo”.

Oggi la musicista siciliana è impegnata anche nell’insegnamento al Liceo Musicale di Palermo e da oltre dieci anni suona musica da camera con il Trio Arté. Tanti i progetti che la attendono, come il debutto del 7 aprile, nella stagione concertistica della Filarmonica Laudamo di Messina, di No Piano is an Island, una celebrazione del pianoforte e una festa dell’ascolto e della rigorosa libertà della musica con il collettivo dei pianisti-compositori della label Almendra Music. “Col mio team, inoltre, stiamo definendo i dettagli di un mio tour in Oriente, – anticipa – e da marzo seguiranno concerti nei Jazz club in Italia, luoghi nei quali adoro suonare proprio perché non sono jazzista e l’atmosfera che si crea è di vera vicinanza con il pubblico curioso e attento, ma non ingessato”.