Cosa direbbe D’Annunzio della situazione contemporanea, nell’era della informazione via tweet? Un campione della comunicazione? E che ruolo avrebbe come agitatore culturale? Non occorre nessuno sforzo d’immaginazione: proprio nel giorno del suo sessantottesimo compleanno vi proponiamo l’intervista di Edoardo Sylos Labini a Giordano Bruno Guerri. Presidente del Vittoriale degli Italiani, scrittore, storco e giornalista. (Redazione)
Tu sei il Presidente del Vittoriale degli Italiani, un’istituzione che in termini di visite e non solo ha avuto dei numeri straordinari. Fra i tuoi meriti, hai “liberato” D’Annunzio dal pregiudizio ideologico…
D’Annunzio soffriva di una damnatio memoriae per la quale era legato a un’immagine di decadentismo e di proto-fascismo. Su di lui ci sono tante leggende, fra cui quella celevìberrima “delle costole”. Ho visto l’altro giorno su un sito d’aste di Brescia la messa in vendita di…una costola di D’Annunzio: a cinquemila euro! Garantita! Ho incaricato i miei avvocati di occuparsene: oltre al fatto che non credo si possano vendere on line pezzi di corpo umano, vi confermo che questa “storia” delle costole di D’Annunzio è totalmente inventata: possiamo dire che praticamente negli ultimi cinquant’anni tutte le stravaganze sessuali che sono venute in mente agli Italiani sono state attribuite a D’Annunzio! Bisogna liberare la figura di D’Annunzio da certe immagini. D’Annunzio era un libertario, un anarchico, un fervido organizzatore…basi pensare alla Carta del Carnaro: Mussolini si impossessò dei suoi miti, riti e modi (il discorso dal balcone, “Eia! Eia! Eia! Alalà!”, “Me ne frego”, i labari, il culto dei morti), l’ha acchiappato e l’ha praticamente “ingessato”. Bisogna liberare D’Annunzio da una certa immagine e noi ci stiamo riuscendo: basti pensare che recentemente su Repubblica, un giornale non certo tenero verso un mondo diciamo di destra, il poeta Valerio Magrelli ha scritto che D’Annunzio ha operato una rivoluzione con il Vittoriale, imponendo il suo gusto come un esperimento d’avanguardia e creando una “bellezza nuova”. Dare a D’annunzio quel che è di D’Annunzio: questa “operazione” ha attirato un certo tipo di pubblico che prima lo escludeva a priori. Pensate che nel 2017 sono usciti 70 libri su di lui…
Hai spesso detto che D’Annunzio è stato il primo grande comunicatore del Novecento: i suoi motti erano i “tweet” cent’anni fa (“Me ne frego”, “Vivere ardendo e non bruciarsi mai”): oggi come userebbe la tecnologia?
La userebbe molto bene. Certamente avrebbe a milioni di seguaci. I suoi “post” sarebbero pieni di cose che noi non riusciamo a fare e che lui invece ha fatto nella sua vita, prima con la letteratura, poi con la vita pubblica, poi con gli amori, poi in guerra, poi Fiume…L’unica lezione, vera, che Mussolini prese da D’Annunzio era che lo Stato liberale poteva essere sfidato con la forza e vinto: Mussolini, che era un grande politico, ci riuscì, D’annunzio, che tra le tante doti non aveva quella del politico, non ce l’ha fatta.
Però la Carta del Carnaro è molto moderna…
Beh pensate solo che nel ’20 si discuteva ancora se le donne potessero o no votare, mentre d’Annunzio sancì non solo che potessero votare, ma anche essere elette, una cosa cui nessuno aveva pensato…Ma non solo: mise gli studenti nei consigli scolastici, gli operai nei consigli di fabbrica, inventò il Ministro della Bellezza, e poi il multilinguismo, il multiculturalismo, l’abolizione dei gradi nell’esercito…Fiume fu un’anticipazione del ’68…
Giordano, non hai studiato solo D’Annunzio, naturalmente. Sei specializzato in biografie di personaggi “scomodi” del Novecento, OFF, un po’ forti, vittime della damnatio memoriae e del pregiudizio ideologico…
Sì, ho cominciato con Bottai, oggetto della mia tesi di laurea. Studente alla Cattolica di Milano, mi imbattei in questo strano fenomeno, in quest’uomo strordinario, intelligentissimo, coltissimo, uno dei capi della marcia su Roma, Ministro delle Corporazioni, Governatore di Addis Abeba, Ministro dell’Educazaione Nazionale (quindi dell’istruzione, quindi della cultura: ha fatto delle leggi su cui si basa la conservazione del nostro patrimonio artistico). Credo che Bottai sia stato l’unico fascista, gli altri erano mussoliniani. Si arruolò nella Legione Straniera, combattè contro i Tedeschi senza voler combattere contro altri Italiani. Agli inizi degli anni Settanta, prima degli studi di De Felice, su di lui non c’era niente, si parlava di Farinacci, di Starace, ma non di lui…e quindi iniziai a studiare questo personaggio, che poi per una magia biografica mi ha portato a D’Annunzio: negli archivi di Bottai c’erano infatti le lettere di D’Annunzio, il che mi spinse ad andare al Vittoriale a cercarle…si era agli inizi degli anni Settanta.
Un’altra grande biografia è quella di Filippo Tommaso Marinetti…
Appena ripubblicata negli Oscar. D’Annunzio e Marinetti mi affascinarono per la loro lontananza e la loro vicinanza…Vi racconto un aneddoto: tutti e due amavano l’11 febbraio: Marinetti perché l’11 febbraio 1909 pubblicò il Manifesto del Futurismo, D’Annunnzio perchè l’11 febbraio del 1906 trascorse la sua notte più straordinaria con la Contessa Mancini. Loro iniziarono i loro rapporti litigando (per Marinetti D’Annunzio era la peste della letteratura italiana e D’Annunzio dal canto suo lo apostrofava con un insulto futurista, “cretino fosforescente!”), poi durante la guerra divennero amici, erano entrambi interventisti ed entrambi combattenti. E da quel momento, l’11 febbraio di tutti gli anni decisero di incontrarsi. Io poi ho una mia idea, anche se è tutta da dimostrare: secondo me Mussolini firmò i Patti Lateranensi l’11 febbraio in sfregio a quei due, anticlericali contrari al Concordato con la Chiesa! Marinetti fu l’ultimo personaggio famoso che vide D’Annunzio vivo, proprio l’11 febbraio 1938 si presentò al Vittoriale con una delle sue rarissime sculture, ancor oggi al Vittoriale, un doppio comando di un bimotore con questa scritta: “Perché noi siamo i motori della nuova Italia”.
Nella settimana dannunziana al teatro Manzoni avverrà anche il lancio di #CulturaIdentità: perché sono importanti oggi queste due parole, cultura e identità?
La cultura è importante sempre…l’identità per me è il sentire di un popolo: i popoli hanno un carattere, come gli individui, hanno una storia. Non stiamo parlando di razze, attenzione, ma di una cultura che dà un’identità. E’ chiaro che nel pieno della globalizzazione dell’Unione Europea l’identità è in pericolo. E’ una grandissima perdita per noi come popolo e come individui. Fai benissimo a fare #CulturaIdentità.
D’Annuzio fu il primo a coniare l’espressione “Assessore alla Cultura”…
Certo, lui inventò anche l’espressione “beni culturali”. Si battè come un a furia per impedire che si distruggere le stupende ville rinascimentali in quella che è adesso via Veneto a Roma. Salvò anche le due Torri di Bologna. Questa è segno di una sensiblità molto avanzata per l’epoca.
Non tutti sanno che D’Annuunzio coniò parole poi diventate di uso comune…
Cero. “Velivolo”, “fusoliera”, “tramezzino”…ben prima del Fascismo D’Annunzio proteggeva la lingua italiana. Passava ore e ore, lui uomo famoso per le guerre e gli amori, studiava il vocabolario: ne possedeva a decine (che io ogni tanto sfoglio). Era alla ricerca della parola perfetta, o da ricreare, per metterla al servizio della lingua.
E non tutti sanno che Giordano Bruno Guerri ha anche fatto l’attore…
Sì, nel 1998, con Claudia Cardinale nel film di Pasquale Squitieri Stupor Mundi su federico II. Io impersonavo Pier Delle Vigne e Squitieri voleva per me una morte…scenografica: “arruolò” un falcone per uccidermi, ma questo falcone era..un attore “esordiente” come me e non “obbediva”, allora Squiteri ebbe l’idea di mettermi dei bocconcini di carne sulla testa per indurlo a “sbranarmi”…per fortuna quel falcone fu parco!
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