Il Teatro Nuovo Gian Carlo Menotti diventa luogo di imputazione a posteriori, per dare la possibilità a Mussolini di difendersi. Sono stati ritrovati infatti dei carteggi di Mussolini in cui preparava un discorso in vista di un eventuale processo americano. Questa arringa non è mai stata recitata perché non ne ha avuto modo, così a distanza di più di 70 anni si torna su sei momenti particolari dell’esperienza del Fascismo.
Il capo d’accusa è lo storico Emilio Gentile, massimo esperto del Fascismo, che riporta testimonianze ed eventi verificati; il capo di difesa Mussolini (interpretato da Massimo Popolizio), sulla base delle parole da lui scritte. Questo accade nella finta aula di tribunale sabato 7 e domenica 8 luglio al Festival dei due Mondi di Spoleto.
La discussione moderata da Corrado Augias adotta un linguaggio televisivo, dove l’unico a recitare è Popolizio, mentre gli altri sono loro stessi. Questo lo fa sembrare più una lezione di storia che un vero e proprio spettacolo, in cui mancano gli attori che rendono credibili i dialoghi. Non è sufficiente che Popolizio presti magnificamente voce e intenzione al personaggio, già affrontato in Sono tornato, per bilanciare la qualità della resa.
Quello che non manca invece è la chiarezza, la precisione dell’esposizione e la storicizzazione dei fatti. Si parte dal 1919, la fondazione dei Fasci di Combattimento, segue il 1922 con la Marcia su Roma, il 1924 con l’assassinio di Matteotti, il 1938 data della promulgazione delle leggi razziali e infine il 1943: l’ultima riunione a Palazzo Venezia, vigilia della fine.
Alcune immagini di repertorio aiutano la narrazione degli eventi, con citazioni che appaiono sullo schermo, lette in aula.
Mussolini è fermo nelle sue idee, ironico e beffeggiatore, egocentrico, piuttosto che smentirsi rinnega l’evidenza.
Parla alla giuria rappresentata dal pubblico in sala, «Italiani e italiane se ancora posso chiamarvi così» e lo accompagna una canzone dell’epoca che Augias intima di sospendere. Un piccolo teatrino di provocazioni, in cui l’ex condottiero deve essere tenuto a bada.
C’è la storia oggettiva e l’idea di storia pensata di Mussolini, la sua ideologia, il patriottismo e la volontà di rendere grande l’Italia a discapito degli italiani stessi.
Si parla della marcia su Roma, senza alcuna opposizione armata, perché solo dopo l’accordo con il re che lo chiama arrivano i fasci armati. «Il colpo di stato non ci fu – dice Gentile – ma lo fu per lo stato liberale perché si è dato il comando a un uomo armato».
La strada del Fascismo è stata predestinata dal principio e quando Mussolini cercò una mediazione non ci riuscì. Quando provò a firmare un patto di pacificazione con i socialisti, insorsero infatti i capi dello squadrismo accusandolo di tradire il fascismo. Così stracciò il documento per non disarmarsi.
«Il discorso può condurre o può non condurre a un voto politico», comunicava Mussolini dopo la morte di Matteotti, convincendo che qualcuno voleva colpevolizzarlo per non fargli vincere le elezioni.
E poi «era stato il popolo a confermare la mia autorità», quelle persone a cui diete una casa, indottrinandole fin da piccoli, come tutti i condottieri con la carota e il bastone, «le canzonette e le guerre», dice Gentile. Eppure Mussolini schernisce anche il presente: «oggi non riuscite a coprire le buche. Io ho dato case salubri».
Se negli altri paesi i diritti del popolo venivano garantiti in libertà, qui lo si faceva sotto una dittatura, entusiasmando il popolo che riempiva le piazze (come adesso si trova consenso in rete, commentano).
Però poi questo orgoglio italiano si è trasformato in paura, spiega lo storico, e si sopportava: così si arriva alle leggi razziali. «Io vi volevo tutti uniti, italiani (…) Guardatevi adesso, molli, infelici».
Se è vero che Mussolini lottava per la patria, non è vero che appoggiava l’antisemitismo. Dovette invece far maneggiare dichiarazioni passate per fingere coerenza e allearsi con Hitler. Un’alleanza che avrebbe tolto più che dato. Si affronta infine la riunione del 25 luglio 1943 in cui Mussolini viene spogliato della sua carica, dichiarandolo un complotto. Eppure la votazione è stata legittimata da lui stesso. Restano quindi dubbi, seppure tutto è stato confutato e non rimangono segreti nascosti. «La storia è un’approssimazione alla verità, non è una certezza», finisce Gentile, mentre Mussolini si congeda dichiarando:
«Le democrazie sono malate (…) Trump mi ha rubato anche la postura. (…) Voi mi volete, avete bisogno di me. Quando volete liberarvi dalla vostra politica, io sono lì».
Ma Gentile commenta: «non è stato forte come Churchill o Roosevelt. Lei è stato violento. Dopo 20 anni ha lasciato l’Italia lacerata, l’Italia sarebbe diventata il giardino della Germania e a Salò lo sapeva».