Quando quelli di sinistra vogliono diventare di destra

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Niente è più come prima. È il primo pensiero che mi è passato per la testa quando stamattina ho letto l’editoriale del prof. Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera. Il noto editorialista lancia un manifesto per salvare una sinistra ormai alla deriva che è, però, una summa di valori e posizioni che da sempre rappresentano l’identità della destra.

Con il Manifesto di CulturaIdentità, il movimento  che abbiamo lanciato a febbraio e che riunisce intellettuali, artisti associazioni e fondazioni mai piegate ai dettami del politicamente corretto, ci ponemmo proprio l’obiettivo di essere forza propulsiva per la riscoperta di alcune fondamenta culturali che, evidentemente, non solo “la sinistra” aveva smarrito. Identità, sovranità, radici cristiane e difesa del territorio sono sembrati fin ad oggi epiteti dispregiativi, parolacce denigratorie e leve per la “reductio ad hitlerum” dell’avversario politico, ma che in realtà appartengono a chiunque si senta profondamente ed essenzialmente italiano.

Arriva, però, un po’ tardi Galli della Loggia (certo, meglio tardi che mai…). Magari ha preso spunto proprio dal nostro manifesto, chissà. D’altronde vogliamo influenzare l’opinione pubblica e la politica su questi temi.

Al primo punto scrive di radici cristiane come comune base culturale. Giusto. E ve lo dice chi, dirigendo il Teatro di Norcia, cittadina simbolo della nascita dell’Europa con San Benedetto, ha cercato di rilanciare il Teatro e la Cultura in un momento buio per la popolazione umbra colpita dal terremoto.

Mi fa piacere che si scriva -al secondo punto- di un “progressismo ridicolo“. Bene, ci siete arrivati anche voi. Dal canto nostro ci siamo sempre ispirati alle avanguardie futuriste che assaltavano la modernità senza voler cancellare le tradizioni. Partire dal passato per esplorare il futuro.

Incredibile al terzo punto: sovranità e interesse nazionale nello stesso paragrafo. Sono commosso. Applausi. Ma d’altronde bastava leggere la Costituzione per trovare i due sostantivi in armonia con i principi repubblicani.

Ovviamente, le “scoperte” del prof. non potevano non essere mitigate dalle classiche uscite a favore dell’establishment intellettuale nostrano. Al punto cinque sembra dire “ehi ragazzi, non preoccupatevi, non sono  diventato un salviniano”. È necessario, per l’editorialista, dare comunque un segnale ai mercati riducendo il debito per liberarsi dal “cappio finanziario”. Un controsenso, no? Ma d’altronde la lontananza dall’economia reale, la predilezione per un mercato globale e globalista sono le cifre economiche della sinistra degli ultimi tempi. Sarebbe stato opportuno un richiamo ai piccoli produttori locali, vero motore del cosiddetto “Paese profondo”.

Non so se emozionarmi o sorprendermi per la citazione, al punto sei, di Mazzini come riferimento ideale da cui rifondare il Pantheon cultural-politico della sinistra. Sono stato l’unico a voler raccontare le gesta di questo Eroe con uno spettacolo teatrale: Disco Risorgimento, una storia romantica. Aprile 2011. Roma. Gli studenti dell’Università Tor vergata di Roma decidono di coinvolgermi. Accetto di portare la rappresentazione in Ateneo senza esitare: settimane di minacce da parte dei collettivi “antagonisti”, “antifa”, tanto da costringermi a farlo sotto scorta. L’accusa mossa allo spettacolo era, indovinate un po’, “Mazzini era fascista”.

Al punto otto si introduce il tema della politica estera: “essere diffidenti dalla Russia“. Ma si parla della stessa Russia che fino agli anni ’90 aveva a libro paga il più grande Partito Comunista europeo (quello italiano, ça vans dire)? Adesso i nostri interessi nazionali e la nostra sovranità, economica e politica, non passano da un’alleanza strategica con la Russia?

Punto nove. Torno a sgranare gli occhi. Non ci credo. L’ha detto davvero: “arrestare la valanga migratoria che altrimenti ci sommergerà, almeno metà dell’intero bilancio dell’Unione sia devoluto ad un programma di assistenza e sviluppo dell’Africa subsahariana”. Qui si ammette che l’immigrazione potrebbe produrre effetti devastanti nel futuro prossimo tali da poterli incardinare nella parola “invasione”. Ricordo ancora quando nei talk i parlamentari del PD ridevano con scherno chi osava pronunciare questo sostantivo. Sui fondi all’Africa che dire: praticamente “aiutiamoli a casa loro”. Però l’ha detto Galli della Loggia. Quindi giusto. (Per me sacrosanto, da sempre).

Ultimo punto: non so se è un’analisi dettata dal buon senso o dalla capacità di essere ancora lucidi in mondo di opacità e ombre. Ciò che emerge è che la sinistra, per tornare ad essere sinistra e se vuole ri-connettersi (ma nella realtà) con il suo popolo, deve diventare destra. Probabilmente, questo ri-posizionamento cammina sui binari dell’opportunità di inseguire il Potere. Chi è sempre stato abituato così, così continua. Anche se al governo c’è il “cattivo” Salvini.

Non riesco a non essere malpensante. Non me ne voglia Della Loggia. Per adesso possiamo solo affermare che “quando vedi la tua verità fiorire sulle labbra del tuo nemico, devi gioire, perché questo è il segno della vittoria”. Così sferzava Giorgio Almirante di cui si è discusso (in modo volgare e piccolo rispetto alla sua statura politica) in Campidoglio qualche giorno fa.

Non ci resta che dare il benvenuto a Galli Della Loggia in #CulturaIdentità. Avremo sempre le porte aperte per chi la pensa come lui.

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