«Voglio fare il pittore, e non la pittrice come mia madre», aveva detto con determinazione, pensando a un mestiere maschile. Erano gli anni Venti del Novecento e il grido femminile, che si perpetuava da secoli, trovava uno sbocco deciso e sicuro nelle parole di una bella, intelligente, originale donna, Benedetta Cappa Marinetti (Roma, 1897-Venezia, 1977), detta Beny.
E lui, Filippo Tommaso Marinetti, che la sposerà nel 1923, la definirà “mia eguale e non discepola”.
Finalmente! Dal lontano Seicento, attraverso la cultura (arte, letteratura, musica), la donna riusciva o sperava di riuscire ad avere un ruolo paritario all’uomo. E la futurista Benedetta, che si firmava solo con il nome femminile, il suo ruolo lo visse fino in fondo. Pittrice, scrittrice, poetessa, moglie, madre, fu un punto di riferimento per il Futurismo nostrano e d’oltre oceano.
Scrive con Marinetti numerosi manifesti, firma il Manifesto dell’Aeropittura (1929), inventa con lui il Tattilismo, partecipa a cinque edizioni della Biennale di Venezia e nel 1930 è la prima donna ad avere pubblicata un’opera nel catalogo ufficiale. È presente a tre edizione della Quadriennale di Roma.
Affresca magistralmente il Palazzo delle Poste di Palermo in pannelli raffiguranti le comunicazioni terrestri, marine, aeree, telegrafiche, radiofoniche. E, per tutta la vita disegna, crea scene teatrali, scrive romanzi, dipinge. I suoi dipinti sono lirici, geometrici e sintetici, colori chiari, dominati da un azzurro che significa aria, mare, libertà. I temi, velocità, natura, ambiente, aeropittura in cui eccelle.
Incontra Marinetti, di ventun anni più grande, nel 1917-1918 nello studio di Giacomo Balla. È l’inizio di un duraturo sodalizio. Spregiudicata, chiarisce la sua posizione rispetto alla conclamata misoginia del gruppo futurista nel disegno Psicologia di un uomo, donato a Marinetti dopo il primo incontro. Un modo ironico di rappresentare l’universo maschile e le sue discutibili qualità. Firmato “Benedetta fra le donne, parolibera futurista”, il disegno è un vero e proprio documento di proto femminismo. Nei suoi numerosi scritti e dibattiti, infatti, l’artista contesta l’egemonia maschile, sottolineando la spiritualità e la virilità della donna, creatrice nell’arte e madre in natura. Lei stessa ha tre figlie, Vittoria, Ala e Luce.
Tra le prime opere futuriste, Velocità di un motoscafo (1922), una tela giocata su contrapposizioni di spigoli luminosi, affronta il tema della velocità, anticipando disegni (“sintesi grafiche”) e soggetti del romanzo di esordio, Le forze umane del 1924. Seguiranno altri romanzi, Viaggio di Gararà (1931) e Astra e il sottomarino (1935).
La pittura di Benedetta, che sperimenta le diverse fasi del Futurismo, soprattutto dell’aeropittura, raggiunge effetti surrealisti, come lei stessa afferma: “La mia arte pur partendo dalla realtà non è mai verista e se ne allontana in uno sforzo di sintesi, di astrazione e di fantasia”.
Emblematici capolavori come Luce + rumori di treno notturno, olio e collage su tela del 1925 e Aeropittura di un incontro con isola del 1939.