JuveCaserta: lo Scudetto del Sognatore

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Nando_Gentile_-_Mobilgirgi_CasertaUn sognatore è qualcuno che scorge cose che le persone comuni non vedono e ha la pazienza, la tenacia e la determinazione per realizzarle. Giovanni Maggiò amava passeggiare, da ragazzo lungo le sponde del lago d’Iseo e da adulto in una piana ironicamente chiamata “Terra di lavoro”.

I suoi occhi inseguivano un sogno, a spicchi arancioni e rimbalzi, quasi sempre, regolari. Col suo italiano cortese e cadenzato: “Siamo arrivati in Serie A, ora abbiamo bisogno di una casa”. Lo stupore e la rassegnazione accoglievano le sue parole: “Signor Giovanni ma tra tre mesi si gioca e qui ci sono solo pietre”. I sogni volano alti con parabole arcuate. Tre mesi dopo sulle pietre c’era una cattedrale: il Palamaggiò.

Fatta la casa serviva l’entusiasmo. Quel gioco sconosciuto aveva bisogno di un messia. Una mano santa che sorrideva, piangeva, si emozionava e segnava, tanto, tantissimo. La piccola città del Sud, col suo Oscar in carne e ossa, arrivò due volte vicina al traguardo, italiano ed europeo. Niente da fare. Milano e il Real Madrid erano un altro mondo, visto solo in tv. Più forti del sogno.

Giovanni lasciò in eredità ai figli un sogno e una terra che cominciava a produrre frutti. Nel 1990 la mano santa non serviva più. Al suo posto un gruppetto di casertani, cresciuti pensando basket, e due americani. Un professore e un folle. Sulla panchina un amico di famiglia. Il cammino fino alla finale è netto.

Alla fine del cammino c’è il vecchio, insormontabile, nemico: Milano. Il palazzetto delle scarpette rosse è un luogo glorioso, poco adatto a ragazzini e sognatori, ma a Caserta c’è il fuoco. Al Palamaggiò non si passa. Serve la decisiva gara cinque. Si gioca a Milano.

Vincenzino e “Nanduccio” non vogliono sentire ragioni e partono a razzo.

Lo scudetto è a un passo. Un rumore sordo, come un ramo che si spezza, e un urlo che è quello di una terra intera. Il ginocchio di Vincenzo Esposito cede di schianto. Non vuole abbandonare il campo “Enzino”, in barella si fa lasciare dietro il canestro. Mike D’Antoni è un fuoriclasse della panchina, Pittis, Riva e McQueen sono dei campioni.

Il destino è segnato ma Nando Gentile non molla, ha fatto una promessa, Tellis Frank sposta la palla come fosse una pedina sulla scacchiera, Charles Shackleford è una divinità e poi c’è Sandro Dell’Agnello che non sbaglia un tiro libero da due anni. È il momento. Gentile trascina la squadra e la sua terra, tiro dopo tiro, sul tetto d’Italia.

Enzino urla, questa volta di gioia, fradicio di champagne. Lo Scudetto viaggia dove non è mai stato, verso Sud. Un viaggio fatto di sorrisi. Una passeggiata. Come piaceva al signor Giovanni Maggiò.