Facciamo tornare in Italia le nostre vere “risorse umane”

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fonte: memoriediunafuorisede
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L’Italia è terra di emigrazione o immigrazione? Per quanto riguarda il nostro passato la risposta è scontata. Quanto al presente, lo è di meno. Le immagini televisive dei barconi stipati di immigrati dall’Africa e la metamorfosi etnica che stanno subendo le nostre metropoli e i piccoli comuni sulla dorsale appenninica, dove normalmente vengono allocati i centri di accoglienza, ci indurrebbero a pensare che il nostro sia un paese di immigrazione a pieno titolo. In realtà le cose non stanno così.

La famosa “fuga dei cervelli” non è solo una formula giornalistica, ma qualcosa di più profondo ed esteso di quanto si pensi. Dietro tale formula non si cela soltanto la ricollocazione di una parte della nostra élite intellettuale che cerca migliori prospettive di carriera in paesi dove merito e competenze sono meglio apprezzati. Si tratta ormai di un fenomeno di massa che riguarda soprattutto i giovani, innanzitutto meridionali, anche solo mediamente scolarizzati. Secondo le statistiche  nell’ultimo anno sono stati 112.000 gli italiani trasferitisi all’estero e 114.512 nel 2016: un record, molto più di spagnoli e tedeschi. Sono soprattutto giovani tra i 25 e i 34 anni, ma dal 2011 è esploso anche il fenomeno dei giovanissimi (20-24 anni), con un aumento del 225%. Da questo punto di vista gli anni della crisi sono stati devastanti: gli italiani espatriati erano 84.560 nel 2015, 73.415 nel 2014 e solo 37.129 nel 2009. Siamo ormai il paese col più alto tasso di emigrazione in Europa.

Dunque non solo “cervelli al di sopra della media”, ma un capitale umano e intellettuale ingente, che preferisce andar via perché non ha più fiducia nell’Italia. Forse giustamente, viste le attuali condizioni di immobilizzazione dell’ascensore sociale. Eppure si tratta di ragazzi che, come amanti traditi, non smettono di amare e soffrire per la Patria.

Re-italianizzarli, offrendo buone ragioni professionali e adeguate motivazioni ideali per tornare a dare il loro contributo per la rinascita della Nazione, è un imperativo al quale è chiamata a dare risposte la classe politica e, soprattutto, la società nel suo insieme.

2 Commenti

  1. Io sono un ingegnere fuggito in Germania due anni fa all’età di 45 anni. Dopo aver perso il lavoro per il fallimento dell’azienda dov’ero impiegato, avendo superato i 35 anni, era impossibile ricollocarmi, perché in Italia dopo i 35 non rientri più in nessuna legge per agevolare le assunzioni.
    Professionalmente e socialmente morto!
    Ho cercato per un anno e mezzo e nemmeno mi rispondevano, pur essendo perfetto per quelle posizioni. In Germania ho trovato in una settimana! Vengo rispettato e valorizzato, cercano di farmi crescere, mi pagano il doppio rispetto all’Italia, spendo il 30% in meno, i servizi funzionano e sono tutelato realmehte in caso di perdita del lavoro.
    I tedeschi sono molto più civili di noi e la qualità della vita di qui in Italia ve la sognate con il binocolo.
    Non tornerei manco morto e fra 6 anni chiederò la cittadinanza.
    Ditemi una sola ragione valida per tornare in quel postaccio pieno di incivili che è l’Italia, dove non sono nemmeno in grado di rispettare una fila al supermercato! Il problema dell’Italia sono gli italiani, e la cosa diventa evidente non appena si varchi il confine.

  2. Se torneranno, lo faranno solo gli ignoranti. Nessun motivo per cui una persona che ha studiato e cerca il ‘merito’ dovrebbe tornare in una paese apertamente razzista, corrotto e cattolico. Dove chiunque sia straniero manco si vede affittare una casa, viene picchiato per strada o cacciato dai bus. Oggi loro, domani? Noi! Già oggi è così, con omosessuali e donne schernite ad ogni cena aziendale.

    E per cosa? Per lavorare in fabbrichette gestite da piccole lobby locali di 50nni rancorosi che ti pagano 1200€ al mese per poi essere pure cazziato ogni volta che gli fai notare che vali di più. Che manco parlano inglese. Che trattano le donne come oggetti e piuttosto danno l’aumento a quella con le tettone che a chi lavora, perché sono frustati.

    No, mi spiace, in questa Italia chiusa, improduttiva, rancorosa e bigotta ci state voi. Riprendetevi i camerieri ma noi che abbiamo studiato e siamo valorizzati all’estero, non torneremo. Potete pure affondare, tanto più dopo che Silvio avrà vinto le elezioni a Marzo.

    Mi mancano i tortellini e il bidet. Li esporterò

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