Fede Galizia, la pittrice che “inaugurò” la natura morta

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Fruttiera di prugne e due gelsomini su un tavolo, olio su tavola, cm 37 x 45,5
Fruttiera di prugne e due gelsomini su un tavolo, olio su tavola, cm 37 x 45,5

Un “piatto di prugne” (Richiami, 2014) dipinto su tavola da Gianluca Corona, pubblicato su questo giornale a corredo di un bell’articolo di Emanuele Beluffi sulla rinascita della natura morta in pittura, me ne ha richiamato alla mente un altro. Una fruttiera colma di prugne e due fiori di gelsomino, attribuiti a Fede Galizia, presentati dalla Galleria Lampronti nell’ultima Biennale Internazionale di Antiquariato di Firenze. Un’opera di alta qualità.

Ma Fede Galizia (Milano, 1578-1630), chi la ricorda o conosce? Raffinata pittrice di nature morte, ritratti, soggetti religiosi, negli stessi anni di Caravaggio, merita più attenzione. Come altre artiste del passato, brave e brillanti, offuscate dai colleghi maschi. Infatti, non c’era solo Artemisia Gentileschi a tenere alto l’onore delle donne, ma c’erano Sofonisba Anguissola, Lavinia Fontana, Giovanna Garzoni, Elisabetta Sirani, e tante altre.

Oggi si fanno mostre e libri sempre sugli stessi artisti (Caravaggio, Picasso, Dalì, Impressionisti, Surrealisti ecc.), ma perché non su queste magnifiche artiste? Vere e proprie rivelazioni.

Fede Galizia, olio su tela, 88×79 cm, Pinacoteca Ambrosiana, Milano
Fede Galizia, olio su tela, 88×79 cm, Pinacoteca Ambrosiana, Milano

Prendiamo la Galizia. Una pioniera del genere natura morta. Figlia e allieva di uno stimato incisore, Nunzio Galizia (“Nuncio Gallici pittore”), a diciotto anni, nel 1596, dipinge il superbo Ritratto di Paolo Morigia conservato all’Ambrosiana di Milano.

Lo scrittore e storico gesuita ritratto l’aveva descritta già un anno prima come “virtuosa” autrice di “rare pitture”. Gian Paolo Lomazzo la ricorda invece a soli nove anni come allieva del padre. Una promessa, come la Gentileschi alla stessa età.

Fede Galizia - Giuditta con la testa di Oloferne, olio su tela, 122x90 cm
Fede Galizia – Giuditta con la testa di Oloferne, olio su tela, 122×90 cm

E ancora in quel fortunato 1596 la ragazza si autoritrae in Giuditta con la testa di Oloferne, un soggetto allora di moda, di cui esiste un interessante esempio a Sarasota (Ringling Museum of Art). Tutta ingioiellata, di fronte a una tenda rossa, la giovane sostiene la testa di Oloferne, mentre sul coltello impugnato nella destra spiccano data e firma. È orgogliosa di sé.

Ma è nella natura morta che Fede si distingue. La prima prova nota è un’Alzata con prugne, pere e una rosa, di ubicazione sconosciuta (già ad Amsterdam) su cui si leggeva la firma e la data “1602”, di cui esiste una variante in una collezione privata di Bassano. Un dipinto di estrema purezza e bellezza, sobrio, una rosa pronta a sfiorire e frutti di cui si colgono umori e profumi.

Fede Galizia, Alzata con prugne, pere e una rosa, 1602 ca., replica, collezione privata
Fede Galizia, Alzata con prugne, pere e una rosa, 1602 ca., replica, collezione privata

Fede doveva aver dipinto anche prima simili soggetti.

E se pensiamo che allora, a fine ‘500, Caravaggio dipingeva le sue canestre nella bottega del Cavalier d’Arpino, e a Roma e Milano circolavano i primi bodegones spagnoli e i fiori e frutti fiamminghi, cosa dobbiamo pensare?

Che la bella milanese era una artista precoce nel settore, di cui diventerà una fine e originale specialista in contemporanea ai grandi innovatori. Lei stessa innovatrice. Delle 63 opere del suo catalogo, ben 44 sono nature morte: pere, pesche, ciliegie, noci, piene di poesia malinconica. La immaginiamo impegnata e severa, “vergine da marito” come scrive il Morigia, a dipingere silenziosa le sue fruttiere con tocchi leggeri sotto luci caravaggesche. 

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