
Da Louise Bourgeois a Marie Louise Von Franz, la ricerca artistica della milanese che usa le ragnatele per creare nuovi equilibri…
Ragnatele come spazi che prendono forma dal caos. Ambienti disabitati, dismessi, che fungono da trappole. Ma capaci di assorbire il tempo e lo spazio che le circonda. Poco colore, quello non importa, perché ciò che conta non si scorge. Ciò che conta è ciò a cui la stessa rete rimanda. Connessioni, ricordi, immagini. Lievi e fragili come fili.
Cristina Volpi, che vive e lavora a Milano, si appropria dello stile della scultrice e artista francese Louise Bourgeois. E lo riplasma. Fondendo in esso la sua ricerca pluriartistica. Tutti i suoi linguaggi, quali libri, installazioni e progetti teatrali. Creando fili su cui cammina, delicatamente, creando nuovi equilibri, personali e stilistici. In bilico, come sul filo di un rasoio.
L’Arte per Cristina Volpi: bisogno o volontà?
Una necessità. Attrazione. O, meglio ancora, un sentire accompagnato da una grande volontà.
A chi, tra i grandi artisti, ti sei ispirata in passato e da chi (o cosa) attingi oggi per le tue opere?
Louise Bourgeois è sicuramente un artista che da sempre mi accompagna nel mio procedere, insieme ad Alighiero Boetti. Non è un caso che la mia tesi di laurea all’Accademia di Belle Arti di Brera sia incentrata sull’utilizzo del filo nel lavoro di questi due artisti. L’arte mi riporta quotidianamente alla ricerca, allo studio e alla conoscenza attraverso materie quali la filosofia, la psicologia, le scienze. La Natura è l’ambito che stimola la mia attenzione. In questo momento la mia mente è nutrita dal silenzio dell’osservazione e a portata di mano, ora, ho testi di Marie Louise Von Franz, gli scritti di Lao Tse e l’immancabile Jung.
Davanti ad una tela bianca o un foglio bianco vince il cervello, il braccio o il cuore?
Collaborano tutti e tre assieme, anzi: aggiungerei anche la pancia (o lo stomaco, come si desidera).

Le tue ragnatele hanno rappresentato spesso un elemento personale del tuo stile e dei tuoi soggetti: cosa ti ha portato ad usarle come fonte di ispirazione?
Quando il mio occhio si poggia su una ragnatela ne rimane catturato. Da quel filo sottile, vischioso apparentemente fragile eppur di una materia tra le più resistenti in natura, ho tracciato molti pensieri e direzioni. Il mimetismo, l’intelligenza naturale, la predazione ma anche l’elemento che cattura tempo-luogo.

Nelle tue opere ci sono molti rimandi alla psicologia e alla ricerca introspettiva, dal conscio al tempo: quale rapporto c’è tra il tuo quadro/opera/disegno e il tuo Io di quel preciso momento? L’arte diventa la ricerca di un obiettivo o la conquista dello stesso?
Di azione/ liberazione. Il mio supporto diventa il veicolo su cui, attraverso la parte conscia, riporto ciò che l’inconscio suggerisce. Metaforicamente ogni singolo lavoro è un tassello di un mosaico che si sta costruendo lungo l’arco intero della vita. Quindi una ricerca e una conquista che s’intrecciano, sempre dinamiche.
In che modo l’arte teatrale può sposarsi con quella visiva e figurativa?
Un’idea, un progetto, una necessità, per concludere in linea con la partenza, si posano in maniera naturale sul mezzo espressivo che più gli si addice per essere efficace, sia esteticamente che di contenuto.
Stile ricercato ed anticonformista, automeditativo che esplora la psiche.
Buondì Salvo Cagnazzo,
complimenti per l’articolo. Chiaro, arriva diretto al centro dell’ autore.
buon lavoro.
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