Sfido chiunque, nel sentire il nome di Antonio Salieri, a non pensare automaticamente a Mozart, alla rivalità tra i due e al (supposto?) assassinio del genio salisburghese da parte dell’invidioso compositore italiano. A fomentare questa visione è stato, indubbiamente, il film Amadeus di Milos Forman del 1984. Questo topos, però, ha finito, inesorabilmente, per oscurare del tutto la figura di Salieri – già poco nota in sé – il quale fu, invece, uno dei maggiori compositori europei del suo tempo. E poi, quanto c’è di vero in tutto ciò?
Merita un’attenta lettura, dunque, il ricchissimo volume miscellaneo Antonio Salieri. La carriera di un musicista fra storia e leggenda (Libreria Musicale Italiana, pagg. 341, euro 30, a cura di Francesco Passadore) proprio perché rende giustizia al grande compositore italiano. Dopo un dettagliato excursus tra le opere salieriane teatrali, strumentali, sulla sua attività di didatta, circa un terzo del libro è impiegato per affrontare – finalmente e una volta per tutte – i rapporti tra Salieri Mozart, «una storia lunga due secoli, fra leggenda e realtà».
Renato Calza, nel suo contributo, parte dalla nascita della diceria, messa in giro pochi giorni dopo la sua morte, dell’avvelenamento di Mozart per mano di musicisti italiani a Vienna poi confluita nella prima biografia mozartiana del 1798 e di una cabala ai danni delle Nozze di Figaro. Ben presto, di bocca in bocca, cominciò a circolare un nome: Antonio Salieri, compositore italiano di spicco a Vienna e maestro di cappella di corte.
La calunnia corse rapidamente e, come scrive Calza, «il 1824 fu l’anno fatale per Salieri. La diceria sul suo conto si diffuse a macchia d’olio e i nobili intenti di chi cercò di difendere il suo onore ne fecero aumentare la circolazione su riviste musicali e quotidiani di mezza Europa»: addirittura, il 15 aprile 1824, credendo che il compositore italiano fosse morto, La Gazette de France riportò come «notizia certa la voce che Salieri s’era accusato sul letto di morte d’aver avvelenato Mozart in un acceso di spaventosa gelosia». La news – o meglio, la fake news – rimbalzò su diverse testate e percorse Parigi instancabilmente (confluendo addirittura in un’opera in versi di Cordellier-Delanoue) giungendo e dilagando poi anche a Vienna.
Il 7 maggio 1825 Salieri morì. Nel 1827 uscì la sua prima biografia, in cui l’autore, Ignaz von Mosel, definì «vergognosa calunnia» l’accusa di omicidio. Eppure – si sa – gli intrighi e i misteri hanno radici dure da estirpare, tanto che l’immagine di Salieri, «il rivale per antonomasia», la fece da padrone nell’immaginazione letteraria: i testi di Puškin, Lortzing, Nicolai accreditarono «l’immagine diabolica di Salieri».
Tra Otto e Novecento, la letteratura altalenò assoluzioni e accuse (e, tra queste, quella italiana di Alfredo Colombani, sul Corriere della Sera, nel 1900: «Dimostrava animo invidioso e cattivo contro i rivali») e, passando per le due guerre, si giunse fino alla pellicola Amadeus di Forman, il cui successo planetario «segnò la massima diffusione dello stereotipo di un Salieri mediocre e (potenziale) assassino». Ed è evidente che, benché la musicologia avesse archiviato dicerie e calunnie su Salieri, al grande pubblico rimase impressa per sempre l’immagine dell’invidioso Salieri di Forman.
Ecco l’importanza di questo libro. La ricostruzione operata da Calza della diceria sulla rivalità tra Salieri e Mozart è pregiata, meticolosa, documentata fin nei minimi dettagli e ricca di informazioni anche inedite. Verrebbe quasi da considerarla una risposta a quanto scrisse Antonio Braga, musicologo e critico musicale dell’Osservatore Romano, nel 1964: «Finché si discuterà del binomio Mozart-Salieri non si potrà mai studiare interamente Salieri. Ma non sarà possibile iniziare lo studio di Salieri senza aver sgomberato il campo da tutti i dubbi su questa inimicizia».
Ecco, varrebbe quasi la pena, nella lettura di questo libro, partire dal fondo: sgomberare il campo dalle false accuse rivolte, nei secoli, a Salieri e, una volta “prosciolto”, rendergli giustizia fino in fondo studiandolo come compositore. E non solo: come uno dei più grandi del suo tempo.