La Madonna, come da Statuto Apostolico Romano, appare solo a genìe rurali: pastorelli et similia. Trattasi, ovviamente, di creatura non propriamente operaista, per la quale, in realtà, i metalmeccanici restano pur sempre una spocchiosa aristocrazia industriale, indegna di folgoranti visioni.
Barbara, al contrario, allusiva di “multiforme santità carnale“, si disvela persino a ragionieri e meccanici tornitori. In un tripudio di interclassismo, che nemmeno la Dc di Mariano (nomen omen) Rumor. Del resto, l’audience è più assertiva del voto. Non puoi eluderne la ferocia, barricandoti nel listino bloccato ed insonorizzato di Saxa Rubra, che non ti lascia nemmeno il brivido di vedertela con la soglia minima di sbarramento. C’è da tirar fuori i maroni! L’audience è il corpo a corpo dell’uninominale secco: Cristina contro Carmelita. E Carmelita sbanca!
A maggior ragione, quando credi di poterne contenere il sulfureo zampillare dentro la camicia di forza della melensa pudicizia politically correct. A dispetto dei chierici del “pensare sedante”, il Verbo Dursiano non si lascia ridurre in mansuetudine : è eversivo. Dislocante. Disabita le rassicuranti dimore del Vivere in. Si fa fiotto di popolo. Anche quando il Popolo è Sporco, Brutto e Cattivo.
Il Barbarico intride l’elettrone degli spasmi dolenti della vita e dei flutti del cuore: è la rinuncia sanguigna al playback del sentimento. Al doppiaggio delle pulsioni, altrove setacciate e perlustrate, prima della messa in onda.
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La D’Urso è, di per sé, Pulsione. Non differibile. Che divelte l’artificio televisivo, tumulandone le consuetudini ovattate. Mike, nella percezione di Eco, era l’everyman, la gigantografia della medietà italica. Barbara è il transfert popolare che non elide neanche il bidello di Busto Arsizio, tanto meno, il piastrellista di Oppido Mamertina. Lei è l’ipnotico ribadirsi della liturgia pomeridiana del caffè.
Spettacolare riscatto dell’agonizzante ceto medio, imbrigliato in contenziosi coniugali perché non si muoia al cappio di bollette e cambiali time-out. E così, culi inabissati lungo i fondali di un divano, in tinelli comprati a rate, con il maxischermo incorporato, riguadagnano, al cospetto di Nostra Signora, quota e superficie. Riemergono dal pozzo della flaccida noia postprandiale. Come dire: Olè, si guarisce dalla scoliosi emotiva. Cecchini e sicari, al soldino guinzagliato di certa rancida intellighenzia radical-chic, capace di forsennato autoerotismo solo a bordo della sbiadita memoria dei Consigli di Fabbrica di Porto Marghera, abbandonino residuali sogni di gloria. Il feticcio dursiano non molla. Si rassegni il Femminino Pensoso Italico, quello che s’ingrifa solo con la prosa della Mazzantini. Barbara attizza assai.
Ecumenicamente. Quanti, sprovvisti di ironia, si autoaccreditano in virtù dei loro volti tristi, inutilmente atteggiati a patetica solennità “intellettuale”, sappiano che la partita è persa. Oltre alla malinconia delle sembianze, quale pretesa credenziale di superiorità antropologica, ci vuole la trama filosofica. La tv è compressione semantica delle immagini e della parola detta. Ha i suoi codici, la sua grammatica. La tv è tempo guizzante che esilia da sé la lenta agonia del solito mummiaio. Di più: è eutanasia della balbuzie musicale. Uscita in mare aperto. Per questo, ed altro ancora, Barbara è un brand. Con buona pace dei cultori delle pur sexisimboliche “falde del Kilimangiaro“.
Cara Antonella, dovrebbe dotarsi di un correttore dal corredo lessicale adeguato alla Sua facondia scintillante: Le ha cambiato “divelle” in “divelte” (così dimostrando il suo essere limitato tutt’al più a Leopardi: Prima divelte, in mar precipitando, spente nell’imo strideran le stelle…)
Una mamma che viene negata dai propri figli Ma che mamma e’ ??
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