La pittura silenziosa di Luca Conca

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Luca Conca, Mare, 2015, olio su tela, cm 60×80, Courtesy Federico Rui

Quindici anni di produzione pittorica, cinque gallerie italiane di riferimento e un prezioso catalogo (opere dal 2000 al 2016), presentato in occasione di un insieme di assaggi antologici da Federico Rui Arte Contemporanea. Luca Conca torna a Milano per un intenso viaggio immaginale che celebra e ripercorre il passaggio attraverso i suoi temi di riferimento, quasi sempre in reciproca contaminazione: il paesaggio, la figura umana, la natura.

«Mi sono accostato molto presto al tema del paesaggio, in qualche modo modificato dalla presenza umana, così come alla figura umana perturbata e tinta non solo esteriormente dai colori del suo habitat – urbano o naturale – sin dalla mia prima personale, nel 2004: mi interessava dar voce a spazi di periferia, marginali e poco gradevoli. Oggi renderei quegli scenari ancora più essenziali», dichiara l’artista.

Una narrazione pittorica alla costante ricerca di essenzialità, rifuggendo la tentazione didascalica di rivelare completamente il frammento di storia racchiuso nelle sue tele: è necessario il soggetto alla natura? E la natura è necessaria al soggetto? Rivelazione, svelamento e necessità o meno di essere presenti in scena: ognuna delle sue opere, dal tratto raffinato e consapevole, a partire dai mondi del paesaggio umano suburbano, al ritratto, sino agli scenari naturali più incontaminati, così come laddove l’uomo abbia posto un’impronta non sempre felice del suo passaggio, Luca Conca ci richiama al confronto con queste dimensioni.

Entrando in galleria si viene catturati dal chiarore sereno di una grande spiaggia guardata dall’alto: alberi, ombrelloni e piscine nelle retrovie. Una sensazione di benessere, un luogo in cui volentieri ci si catapulterebbe in un batter d’occhio – almeno per qualche giorno – lontani dalla frenesia del traffico milanese. Ma non si tratta di un semplice scenario di un’amena località vacanziera. L’opera fa parte di un periodo risalente ad una decina di anni fa: ritratti fotografici di luoghi naturali modificati dall’uomo, senza ricercarne alcuna trasfigurazione. Permane la tensione dell’artista a porsi come osservatore neutro di fenomeni di trasformazione, invasione umana operata silenziosamente, effettuando una sospensione di giudizio così chiaramente espressa da una pittura profonda ma pur sempre discreta, dai toni delicati e calmi. «Per il mio percorso, vi sono state tre mostre fondamentali: “Doppio Sguardo” (2007), “L’ombra bianca della montagna” (2010) e “Il Velo Dipinto” (2016): attraverso queste tappe ho potuto misurarmi con l’allontanamento e il riavvicinamento al tema del paesaggio e a quello dei ritratti. Nell’ultima mostra citata, ho potuto fare sintesi di entrambi gli elementi: le opere che ne fecero parte per me sono irrinunciabili, per questo sono quasi tutte presenti nel catalogo che ora presentiamo, in cui mi è stato finalmente possibile vedere accostati quindici anni di lavoro».

Ritroviamo anche silenziose occhiate di bosco, maree increspate e le sue cime di montagna, tracce di un precedente passaggio da Federico Rui a Milano con la personale “In su la cima” (2015), resi ancora più efficacemente vicini a squarci fotografici dalla sintassi di singole pennellate di grande realismo, in bianco e nero. Nel bianco del bianco lasciato sulla tela, Conca ci concede spazio visivo per avvertire il soffio del vento e la prestanza muta di questi massicci – per citare Goethe – al contempo nostri maestri e discepoli.

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Il catalogo presentato – realizzato in collaborazione con le Gallerie Paolo Rigon, Federico Rui, Orler Studio Arte 62 e Manifesto Blanco – rappresenta una preziosa possibilità di viaggio nella vita e nelle opere di Luca Conca, con introduzione di Chiara Gatti e l’accompagnamento di una approfondita antologia critica (testi di Roberto Mutti, Emma Gravagnuolo, Armando Massarenti, Michele Tavola, Alessandro Riva, Rino Bertini, Carlo Vanoni, Elisabetta Sem).