Carlo Orlandi nasce a Milano, Porta Romana, in un giorno di mezza primavera del 1910. La città sta vivendo uno di quei periodi in cui sembra che se al mondo succede qualcosa allora succede a Milano. Carletto è un ragazzino magrolino e vispo. La sua vita è destinata a cambiare tre volte. Il primo bivio lo imbocca con un cane rabbioso che gli strappa via, a colpi di paura, l’udito e la parola.
Il secondo è un filmato di Jack Dempsey, il favoloso campione del mondo dei pesi massimi di pugilato. Il terzo è quando entra nella palestra del maestro Zanati che lo battezza: “Tel chi el negher”. Quando non puoi parlare né sentire, la boxe diventa tutta una questione di velocità, peso e osservazione. Carlo, El Negher di Porta Romana, osserva tutto e impara, prevede, mette in pratica.
Dopo sei mesi di palestra è già imprendibile, colpisce sentendo il peso dei suoi pugni, danza nel silenzio assoluto. La voce si sparge per Milano. Il ragazzino di Porta Romana batte tutti. Va con la nazionale alle Olimpiadi.
Amsterdam è diversa da Milano. Carlo sul ring non si ritrova. Lo spagnolo Robert Sanz Jusa, il suo primo avversario, gli spacca un dente con un colpo d’incontro. El Negher si sveglia. Lo spagnolo non lo colpirà più, velocità, nemmeno lo vedrà, osservazione, ma lo sentirà. Peso.
Il rhodesiano Cecil Bisset non ha la cultura pugilistica per comprendere il miracolo che ha davanti. Dura due minuti. Il pubblico olandese applaude ma per Carlo è solo un silenzio come un altro. In semifinale c’è il campione olimpico di Parigi, il danese Hans Jacob Nielsen. Orlandi vede i suoi colpi nascere dal movimento della spalla, osservazione, e lo punzecchia col jab. Uno stantuffo, ritmo, che farà assomigliare la faccia del danese a un dipinto futurista, peso.
In finale c’è l’americano Michael Halaiko, imbattuto da oltre cento incontri. Gli americani ridono, festeggiano, urlano, fanno battutine. Sono pesci in un acquario. Prima di salire sul ring Carlo Orlandi trova una bandiera italiana, la sfiora, non è solo. Halaiko è un campione. Si studiano per tre riprese, poi Carlo capisce. La combinazione sinistro destro non funziona, osservazione, bisogna cambiare.
Sinistro, finta di destro, ritmo, l’americano si sposta come al solito. Questa volta il destro non parte, ancora sinistro, velocità, montante destro, peso. Solo la forza di volontà tiene in piedi lo yankee. È la gloria eterna per Carlo Orlandi. Una stella del pugilato italiano, confermata da 98 vittorie da professionista, con il titolo di campione d’Italia e di campione d’Europa.