A scorrere l’elenco dei compositori coi quali ha collaborato c’è da impallidire: Boulez, Berio, Stockhausen, Ligeti, Maderna, Nono, Dallapiccola, solo per citarne alcuni. C’è praticamente tutto il secondo Novecento nella biografia artistica di Bruno Canino, decano dei pianisti italiani e gloria del pianismo internazionale. Classe 1935, il maestro originario di Napoli ma trapiantato a Milano (dove è stato docente di pianoforte in Conservatorio per oltre vent’anni) è una vera e propria enciclopedia vivente della musica contemporanea.
Maestro, come si è avvicinato al pianoforte?
Grazie all’opera lirica. Da bambino, a otto o nove anni, mi portarono a vedere Madama Butterfly: piansi molto. A casa c’erano un pianoforte e degli spartiti: posso dire d’aver imparato a leggere la musica per decifrare le opere. È venuto da sé e ringrazio il Cielo.
Lei è una gloria della musica classica, ma vanta collaborazioni con Battiato, Bollani, Pieranunzi…
Sono tendenzialmente contro gli steccati, benché credo che ciascuno debba fare ciò che è capace di fare. Chi la classica, chi il jazz, chi l’antica, chi la leggera. Oggi non si capisce più cosa è classico e cosa è leggero.
Qual è lo stato di salute del concertismo? L’età media nelle sale da concerto è piuttosto alta…
Eh sì, abbastanza. C’è bisogno di ricambio graduale, non coatto. E questo avverrebbe meglio se i giornali parlassero più di musica classica, se le radio la trasmettessero di più, se le tv non facessero musica classica clandestinamente di notte, se la scuola insegnasse la musica.
Già la insegna: i libri scolastici sono pieni di spartiti di Jovanotti, Vasco, 883…
Appunto: se la scuola insegnasse musica in modo più serio. E non è cosa facile, ci vogliono insegnanti competenti perché è lì che si gioca il futuro della musica: l’educazione musicale nelle scuole non musicali. Non si pretende che tutti diventino professionisti o concertisti, ma che questa possibilità non sia preclusa.
Come sta la musica contemporanea?
Quella che noi chiamiamo musica contemporanea era contemporanea cinquant’anni fa. Oggi ce n’è poca e quella poca che c’è vive timidamente. Vorrei sentirne di più.
Cosa non va nella diffusione della musica contemporanea?
INPS e SIAE non aiutano, anzi. E nemmeno gli editori. Purtroppo gli odierni compositori non hanno prospettive di smercio finanziario: questa limitazione alla circolazione delle nuove musiche, alla fine, provincializza la musica di un paese.
Dall’alto della vetta alla quale è giunto, come valuta la sua vita artistica?
Ho avuto molta fortuna.
Lei ha collaborato con le più grandi personalità della musica del secondo Novecento. I suoi prediletti?
Musicalmente, forse Stockhausen: con lui abbiamo condotto una lunga tournèe di Mantra e ho imparato molto. Come ammirazione personale, Boulez e Maderna: con loro c’è stata la miglior affinità.
Si è diplomato in Composizione con Bruno Bettinelli, un autore pressoché dimenticato…
Sì, Bettinelli fa parte di quella schiera di autori abbandonati e non più frequentati, come anche Petrassi o Dallapiccola, e questo è un male. Gli altri paesi valorizzano i propri compositori, noi no. Per alcuni anni sono stato direttore artistico della sezione Musica della Biennale di Venezia e ho cercato di recuperare i compositori degli anni Venti e Quaranta. Sono stato molto criticato per questo, ma lo rifarei.
Ha rimpianti?
Avrei voluto comporre di più. Non penso che la mia musica serva al mondo, ma a me sì. Avrei voluto poterlo fare maggiormente…
Cosa direbbe a un giovane musicista o compositore esordiente?
Di avere pazienza e prepararsi al meglio. Anche all’estero: qualche anno fuori fa bene per conoscere e farsi conoscere. Ma poi occorre tornare qui.
Che ne pensa dei talent?
Non guardo la tv (guardo solo le partite di calcio), però, riflettendo: l’Italia è la patria del Belcanto, ma gli italiani? Nelle stagioni liriche imperversano russi e coreani. E se i talent pensassero un po’ di più all’opera? Perché no? Non bisogna essere schizzinosi, purché, però, si giunga a qualche risultato.
Prossimi impegni?
Un concerto a Roma, alla Sapienza, di un’opera per 2 pianoforti e archi scritta appositamente da Morricone per me e il mio collega Antonio Ballista con il quale ho superato i sessant’anni di “coppia” fissa.
Una vita ancora super impegnata…
Con i rischi che ne conseguono… [ride, n.d.r.]. Non sono tecnologico, ho l’e-mail ma a volte mi capita di combinare pasticci e prendere concerti lo stesso giorno. Ma spostando un po’ gli orari riesco anche a farne due in un giorno o, come di recente, uno a L’Aquila e il giorno dopo a New York. Fortuna che non patisco i fusi orari.