Alla conferenza stampa di presentazione di UNAVI, l’Unione Nazionale Vittime, lo scorso 5 luglio alla Presidenza del Senato, era presente la psicologa e psicoterapeuta Paola Fereoli coautrice, insieme ad Annalisa Pelosi, del libro Fine Pena Mai. Le famiglie delle vittime di omicidio in Italia( Ed. Franco Angeli, 2011) .
Dottoressa Fereoli qual è il suo legame con l’Unione Nazionale Vittime?
“Circa tre anni fa ricevetti una mail da una persona sconosciuta. Ringraziava per il libro che avevamo scritto, affermando di non aver trovato altri studi sull’argomento, di averlo letto con molta attenzione e di averlo trovato utile oltre che di conforto per se stesso, avendo egli stesso subìto una grave aggressione da uno sconosciuto. Quella nuova vittima, un uomo, per sua grande fortuna sopravvissuta, mi ha ricontattata alcuni mesi fa annunciando il progetto della costituzione di un’associazione nazionale a tutela delle vittime, da lui fortemente voluta, chiedendomi se avessi desiderato offrire il mio contributo partendo dalla ricerca effettuata sulle famiglie delle vittime di omicidio. Ho accettato, per la gioia di poter mettere a disposizione un lavoro, tuttora attuale, a cui personalmente ho dedicato molto tempo e passione, un lavoro che ha imposto di farmi attraversare dalla forza delle emozioni e dei sentimenti di cui è intriso (sono anch’io familiare di una vittima di omicidio) conducendomi nel contempo all’obiettivo di una necessaria scientificità. Avevamo promesso a nostri sette familiari che le loro testimonianze non sarebbero andate perdute e così è stato. Quest’uomo si chiama Fabio Misuri e lo ringrazio”-.
Qual è l’importanza della ricerca realizzata e che emerge leggendo il libro?
“In Italia mancano studi sistematici sull’impatto di un omicidio nelle famiglie delle vittime, nonché sugli effetti generati dall’evento tragico. Tuttavia, le ricerche in letteratura provenienti da altre realtà, prevalentemente statunitensi, confermano la gravità e la complessità delle conseguenze subìte e la derivante necessità di specifici supporti per i nostri protagonisti, definiti vittime indirette in ambito comunitario e surviving families dalla letteratura americana. Incontrando alcuni familiari di vittime di omicidio volontario, ascoltando le loro storie intrise di dolore, ci si è chiesti come rendere organiche le loro richieste di aiuto ed il loro desiderio di avere giustizia. È diventato importante esplorare, con la maggior delicatezza possibile, il dolore di madri, di sorelle, di fratelli, di figli che hanno perduto i loro familiari in modo drammatico ma nel contempo permettendo di portare alla luce della coscienza collettiva la cruda realtà che queste persone si trovano ad affrontare dopo la tragedia.”
Dottoressa Fereoli quali sono le conseguenze psicologiche e psicopatologiche del trauma per le vittime dei reati violenti?
Le conseguenze dipendono dalla gravità del trauma subìto e dalla sua percezione. L’impatto di un trauma grave imprevisto ed imprevedibile, come l’aggressione o l’omicidio, incide in modo significativo sullo stato di salute fisica e psichica dei sopravvissuti, vittime dirette e/o indirette. Sono comuni i sentimenti di distacco ed estraneità verso gli altri ma anche irritabilità e scoppi di collera soprattutto nei confronti delle persone più vicine affettivamente, a cui si accompagnano una ridotta capacità di provare sentimenti di amore e dolorosi sensi di colpa per il fatto di essere sopravvissuti. Si assiste ad una marcata riduzione di interessi a cui si associano sentimenti di diminuzione delle prospettive future. Naturalmente le condizioni di salute vanno di pari passo, si assiste ad un peggioramento delle condizioni fisiche. La letteratura riferisce che i sintomi del Disturbo Post Traumatico da Stress (PTSD) o gravi reazioni al dolore, per la morte di un proprio caro provocata da omicidio, sono riscontrabili anche dopo cinque anni.
Ascoltando le testimonianze delle vittime, dirette e indirette, il detto comune secondo cui il tempo sarebbe il miglior medico si rivela inutilmente consolatorio. Sarebbe invece indispensabile avere a disposizione una rete formale di esperti professionisti, per contenere la complessa disgregazione provocata da un trauma grave e fornire gli strumenti necessari alla riorganizzazione nei diversi ambiti della persona o del nucleo familiare, consci che diversamente gli effetti permangono negli anni ed anzi peggiorano”-.
Oggi quale tipo di supporto psicologico riceve la vittima da parte dello Stato?
La vittima, se sopravvissuta, e il sistema familiare, avrebbero necessità di diversi tipi di supporto da parte delle istituzioni tra cui quello psicologico: nel nostro Paese si assiste ad un ritardo innanzitutto culturale e legislativo in materia di tutela alle vittime di reati, rispetto a quanto richiesto dalle politiche comunitarie ed internazionali. È il momento di trovare una sincera e concreta collaborazione con le istituzioni, così come è negli obbiettivi di UNAVI, affinché sia possibile progettare, formare e realizzare una rete istituzionale capace di accogliere e contenere le esigenze del numero purtroppo crescente di vittime di reati gravi in Italia”-.
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vorrei chiedere alla dottoressa FEREOLI un suo parere sulla pena di morte per delitti efferati come l’ omicidio e se tale istituto può psicologicamente dare al familiare della vittima un miglior senso di giustizia da parte dello Stato.
Grazie
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