Il rap in Campania non è solo musica: è core e lengua

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19Un viaggio, palpabile e trascendentale, nella cultura hip hop all’ombra del Vesuvio con le immagini dei fotografi napoletani Gaetano Massa e Pino Miraglia. Core e lengua. Il rap in Campania e altre storie (Editrice Zona, pp. 150, euro 20) è un ricco e affascinante reportage sulle tracce degli artisti e dei gruppi che declinano il rap nella propria lingua madre, il napoletano.

Ci sono quelli che hanno raggiunto il grande pubblico – si pensi a Clementino, Rocco Hunt e Lucariello – ma anche molte crew e freestyler dei quartieri e delle periferie. Tre capitoli interamente caratterizzati da immagini a cui si aggiungono i testi, oltre che degli stessi autori, di Lello Savonardo (Università Federico II), dei giornalisti e critici musicali Damir Ivic e Federico Vacalebre e dello scrittore e sceneggiatore Maurizio Braucci (Gomorra e Reality di Matteo Garrone) e ben otto interviste: Sha-One, Speaker Cenzou, Lucariello, Nto’, Clementino, Dj Uncino, Op.Rot, Luciano Chirico. Come nelle radici del movimento culturale che dal Bronx – negli anni settanta – invase prima le strade d’America e poi del mondo, anche i rapper napoletani scandiscono in 4/4 il disagio metropolitano e offrono voce a un sentimento del (proprio) mondo che attinge a piene mani alla vita 21quotidiana. E così Massa e Miraglia non hanno voluto limitarsi alle immagini di scena, pur presenti e di grande impatto: hanno cercato e ritratto gli artisti nel loro ambiente, dove vivono e lavorano, quasi sempre all’insegna della precarietà. “Poeti urbani” pronti a scavare nel profondo dell’anima e rischiarire le emozioni più nascoste, identità di ognuno. Uno scrigno prezioso in cui sono custodite contaminazioni e linguaggi artistici eterogenei, per andare oltre il contingente e sognare nuovi orizzonti con la forza dolce della malinconia. “Core e lengua. Il rap in Campania e altre storie” di Gaetano Massa e Pino Miraglia si fa medium, con istantanee, di un percorso di vita concreto del fare, specchio del tempo per chi non è “garantito”. Come il rap insegna, ecco il senso profondo, individuale e nello stesso tempo collettivo, di sentimento. Per chi sa amare anche dal profondo del proprio – e più segreto – tormento.