Spersa e perversa Pescara, provincia tra le province

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alessio-romano-1Per questa indagine nessun commissario con la passione per le gonnelle, né il più cinico degli investigatori privati. Nicola Mangone è un ricercatore dell’università dell’Aquila, studia gli orsi. Niente impermeabile, capello a tesa larga e aura di sigaretta che aleggia a mezz’aria. Un giovane di provincia, in crisi con la storica dolce metà che vive ad un paio d’ore d’aereo da lui e una vita familiare non proprio rosea per lui.

Poi un giorno la terra trema e lui si ritrova suo malgrado schiodato da quella quotidiana routine, con rarissimi sprazzi di colore, in cui stava vivacchiando da un po’. Egoista e un po’ pauroso – eh sì, non ha niente del tipico risolutore di omicidi – scappa dall’Aquila devastata e si rifugia nella sua città: Pescara.

È la provincia della province, una di quelle città che vive tre mesi l’anno e poi aspetta tutto l’anno che torni l’estate. Spiagge super attrezzate, locali notturni, le vie dello struscio e giovani che hanno persino gli slippini firmati. Un po’ mare, un po’ montagna. Da un lato la piaggeria dei playboy da ombrellone e dall’altro lo spirito genuino della gente d’Abruzzo.

È la città perfetta per descrivere la provincia media italiana con le sue perversioni e i suoi perbenismi”, almeno secondo Alessio Romano, autore di Solo sigari quando è festa (ed. Bompiani) il romanzo che vede protagonista Nicola Mangone. Mangone si trova, suo malgrado ad indagare e a scappare da un serial killer che lo ha preso di mira. E il tutto nasce da una richiesta di amicizia accettata su Facebook.  

Torniamo a Pescara però…

“È la sintesi dell’idea di provincia come non luogo, senza un’identità precisa. Non ha quelle caratteristiche tipiche dei borghi più piccoli molto legati alle tradizioni. È una città da 100 mila abitanti che con una serie di agglomerati con cui confina, come Montesilvano, rappresenta un unico spazio urbano senza una forte identità comune. È un po’ la provincia dell’impero”.

Un posto in cui non succede nulla?

“Sì, ad un primo sguardo sembra un posto molto tranquillo in cui non avviene niente. In realtà basta scavare per scoprire che proprio in luoghi come questo si scatenano pulsioni negative che sono linfa vitale del genere noir. Non a caso spesso nella vita di tutti i giorni i grandi crimini accadono proprio in questi posti, città in cui il vizio italiano si evidenzia”.

Quindi un luogo senza identità e vizioso. Un mix pericoloso?

“Negli ultimi 50 anni Pescara è diventato un polo attrattivo per una massa di persone che ha abbandonato i borghi di montagna o le vicine campagne, si sono persi i valori e le caratteristiche uniche e coesive. Questa perdita credo renda più facile che il lato oscuro prenda il sopravvento”.

Soprattutto quando il lavoro è poco e i migranti sono molti…

Pescara e i pescaresi si sono dimenticati di essere stati a lungo patria di emigranti. Da qui si partiva per l’America e per il Nord Europa. Da qualche anno si assiste ad un’inversione di tendenza e la città si è trovata al centro di una corrente di migrazioni e accoglienza. Gli abitanti hanno visto arrivare persone da altri paesi e nazioni diversi con problemi simili a quelli che i loro compaesani avevano affrontato decidendo di lasciare Pescara e l’Abruzzo. Anzi in molti casi i nuovi arrivati sono spinti anche da cause più gravi”.

Si diffida degli stranieri, nelle molteplici accezioni del termine?

“C’è un doppio aspetto. Da un lato l’integrazione dei vecchi immigrati e della seconda generazione che racconto nel mio romanzo grazie alla figura Xiumei, una ragazza cinese di seconda generazione integrata, quasi più italiana che straniera. Lei è un hacker che aiuta il protagonista nella parte del giallo legata ai social network, è un esempio positivo”.

E l’altro aspetto?solo-sigari-quando-festa-la-recensione1

“C’è una diffidenza forte verso i nuovi arrivati. Credo tra l’altro che si tratti di una tensione assurda, perché è la stessa cosa che hanno subito gli abruzzesi quando sono stati emigranti. È un processo difficile, non governato benissimo a livello nazionale”.

Tensione ancora maggiore se rapportata alle periferie cittadine…

“Sono periferie malpensate, anche dal punto di vista architettonico. Non solo sono brutte, sono anche poco vivibili. Non ci sono tante piazze, mancano i servizi primari, le scuole. Rappresentano la mancanza di contatti sociali che poi è alla base delle tensioni e che può sfociare nell’esplosione delle pulsioni negative delle persone. Ed è questo rischio che i romanzi noir vanno ad evidenziare, secondo me”.

E la cementificazione selvaggia di Pescara non aiuta.

“Una zona che credo rispecchi tutto quello di cui abbiamo parlato è proprio Montesilvano. Non a caso è il luogo scelto anche da Silvia Ballestra per la sua Guerra degli Antò. È la sintesi perfetta della periferia non luogo, costruita su cementificazione e senza identità. Se ti dovessi dire di un luogo in particolare, penserei allo Stella Maris. Un palazzo liberty tra i più antichi della costa di Montesilvano, un vecchio edificio fascista attualmente disabitato. Si dice da tanti anni che sarà riutilizzato, ma in realtà è il rifugio dei disperati”.