Europa e Stati Uniti, quale futuro?
“Il modello Usa per l’unità d’Europa?” (Editrice Pagine, Roma 2016). E’ questa la domanda che Domenico Fisichella, già vice-presidente del Senato e professore ordinario di Dottrina dello Stato e di Scienza della Politica nelle università più prestigiose della Capitale, pone a sé stesso ed a noi.
Il volume – con notevole lungimiranza – è giunto al pubblico ben prima dell’incontro di Ventotene tra Renzi e Merkel, ma anche delle choccanti presidenziali americane che segnano il ritorno, per dirla “alla Trump”, dell’America “great again”. Ed offre al lettore le chiavi di lettura necessarie per comprendere senza isteria il passaggio di consegne tra il presidente simbolo dell’illusorio “Yes We Can” ed il “tycoon” dei “forgotten men and women”. Andiamo a vederne alcune in compagnia dell’autore.
La vittoria di Trump, a bocce ferme e con buona pace di sondaggisti ed analisti, era ben lungi dall’esser impronosticabile poiché strettamente connessa all’inizio ed allo sviluppo della storia statunitense – ben raccontati nel volume del professore – che vede sin dalle origini il rilievo dei bianchi protestanti anglosassoni di cui, oggi, Trump rappresenta il riscatto. “L’egemonia dei bianchi protestanti anglosassoni – spiega Fisichella – esigeva che i nuovi arrivati s’integrassero con la cultura prevalente che, appunto, era la loro e così è andata avanti a lungo”. Scendendo nel dettaglio del “cosa è successo adesso con riferimento al passato” la valutazione di Fisichella è che, a conti fatti, “un certo elettorato, che si è espresso in favore del candidato vincente, per taluni aspetti si rifà proprio ai valori dei primi gruppi fondanti americani”.
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Quindi: “Non è un fenomeno speciale” – sottolinea l’autore che non si riconosce nel sensazionalismo di certi titoli espressi dai maggiori quotidiani italiani e stranieri –“si tratta piuttosto di un ricollegamento a taluni valori, orientamenti e spinte fondanti degli Stati Uniti”. Discorso chiuso.
“Si è trattato di una campagna grossolana”, osserva Fisichella, una “mini-secessione” guerreggiata a suon di colpi bassi che hanno decretato il tramonto di quel modello politico preconfezionato che piace ad una certa Europa.
E, proprio in riferimento all’Europa, pesano le incognite legate alla nuova e ancora incerta agenda di “The Donald” in fatto di politica estera. “Da certi segnali – spiega Fisichella – si capisce che il suo obiettivo è quello di recuperare ricchezza per gli Stati Uniti tagliando il budget della Nato”. Questo elemento di discontinuità non dovrebbe però spaventare l’Europa, bensì spronarla ad affrontare le nuove sfide. “Per molti anni – spiega il professore – il vecchio continente ha trascurato la sua difesa e la politica di sicurezza, affidandosi alla protezione fornita dall’ombrello atlantico. Adesso è tempo di organizzarsi autonomamente senza però dimenticare che restare insieme come Occidente è nell’interesse europeo”.
Il tempo a disposizione è agli sgoccioli, professor Fisichella, cosa occorre aggiungere ancora?
“Semplicemente. Occorre studiare il passato, americano ed europeo, per capire il futuro.”