Se difendere le famiglie italiane è una vergogna

1

arresto-leader-casapoundChi ama l’Italia viene condannato. Moralmente, socialmente, spiritualmente. Scovato, beccato, recluso. Sacerdote di una pratica antica, nel migliore dei casi, o rincitrullito manichino sodale di Cavour. Si può tutto in queste terre desolate a digiuno d’amor proprio; si può decidere di attraversare i sessi ignorando la natura, di attraversare il mare ignorando la paura, di spaccare una vetrina ignorando la galera ma è sempre più difficile riuscire ad amare l’Italia senza ignorare di prendere una posizione. Prendere una posizione per una questione che dovrebbe essere insita nelle nostre giornate. Dovrebbe essere un motore intimo e collettivo. E invece così non è. L’amore e il rispetto per questa terra benedetta è a targhe alterne: alcuni (pochi) sì, altri (tanti) no; alcuni giorni sì, altri no; alcuni casi sì, altri no.

Simone Di Stefano, candidato sindaco della Capitale alle ultime elezioni e vice presidente di Casa Pound Italia, ieri, è stato tratto in arresto portato via in manette, insieme a lui altri militanti. Per loro l’amore per l’Italia non ha targhe alterne, né giorni pari o dispari, non piove mai e non ci sono casi di un tipo o di un altro. Si opponevano allo sfratto – previsto proprio per la mattinata di ieri – di due famiglie italiane da uno stabile di proprietà del Comune, sito in Via del Colosseo numero 1. “L’operazione è stata compiuta dagli agenti dello Spe della municipale, diretto dal comandante Antonio Di Maggio, con la polizia di Stato che ha registrato la resistenza di esponenti di CasaPound Italia oltre al lancio di uova, bottiglie, vernice ed oggetti metallici ed alzando vere e proprie barricate a difesa di ogni singolo piano della palazzina”, come riporta Il Giornale. Tra gli sfrattati, “una donna, diabetica e con gravi problemi a deambulare”, e “una famiglia con un bambino affetto da una disabilità”, così come riportato dagli stessi esponenti di CPI che in un nota successiva specificano che “i due nuclei da oltre 30 anni occupavano due piccole case nello stabile del Comune sgomberato. Per lasciarlo avevano chiesto al Campidoglio di trovare loro un’altra sistemazione, anche in un bungalow, purché la famiglia potesse stare insieme” e proseguono “Il Campidoglio meno di un mese fa li aveva convinti a lasciare l’appartamento promettendo una sistemazione in un residence poi risultata falsa e le famiglie sono state costrette a rioccupare”.

Amare l’Italia e gli italiani a targhe alterne, svilirne il senso. Una moda, una necessità della globalizzazione, ormai penetrata ovunque, come acqua sporca, un vizietto da intellò del progresso. Liberarsi dal fardello dell’appartenenza ad un confine, ad una cultura, figurarsi da una bandiera, inglobati in una coscienza nazionale. Questo sì che garantirebbe un’ottima presa di mercato sulla grande massa, vero strumento di produzione: più essa è libera da pesi spirituali, capaci di aprire la coscienza civile ed individuale, di porre dei riferimenti morali certi, di ingaggiare contrarietà, meglio si può operare nella laica, annichilita e neutrale società dei consumi. Non è così che si ragiona nel villaggio globale. Su questa eco non fa più notizia chi combatte per gli italiani, a meno che non esca in manette, non diventi gossip della distruzione e della peggior specie.

Combattere per gli italiani ha stancato, secondo l’egemonia culturale imperante, è roba da fascisti, cospiratori, carbonari. Bizzarro Paese il nostro. Prima Gigi l’operaio usciva di casa tirava una monetina a Craxi e veniva pervaso da un senso d’onnipotenza: ho colpito lo Stato. Sì, lo Stato si può vedere, eccolo la. Lo vedi? Prima, Franco il figlio dell’architetto romano, con la scusa della lotta di classe, dei poveri proletari con le pezze al culo, spaccava la testa con una chiave inglese al militante avversario di 19 anni, giocando a fare la rivoluzione.

Oggi, la cricca dei poveracci, divisi in bande e confusi, alla Waterworld, contro uno Stato molle, inarrivabile. Chi viene arrestato per evitare lo sfratto di italiani dalle loro abitazioni, forzando la legge in nome della dignità ed esce in manette. Chi dalla stamberga esce e con l’Iphone riprende come si stacca un estintore dal muro poco prima di tirarlo addosso ad una vetrina. Chi sono i buoni e chi i cattivi? Nel ritorno ad un’antitesi originaria?
Dunque, mentre nel secondo trimestre del 2016 le attivazioni di contratti a tempo indeterminato sono state 392.043, il 29,4% in meno rispetto all’anno scorso [-163.099] (fonte Ministero del Lavoro.), mentre tutt’intorno è precariato, insicurezza, incertezza, estrema liquidità, ma si continua a spendere più di 100milioni di Euro al mese per mantenere le vittime della disperazione, mentre si cerca il migliore hotel, in cui far alloggiare i viaggiatori erranti di un mondo impazzito – ospiti? Futuri italiani? Europei? Chi può saperlo? – mentre si cerca il miglior modo, la più piccola grande attenzione per soccorrere ed allietare gli ospiti, le famiglie italiane, in fila da anni per una casa popolare, madri che allattano figli perse nelle graduatorie – oggi si sale, domani si scende; chissà -, con la povertà raddoppiata nelle tasche e quadruplicata nelle anime – “In dieci anni sono raddoppiate le famiglie in stato di povertà assoluta. A dirlo è l’indagine su consumi e povertà di Confcommercio; Oltre al preoccupante dato sulle famiglie – ha detto Mariano Bella, Direttore dell’Ufficio Studi di Confcommercio – le singole persone assolutamente povere hanno visto un’impennata tra il 2006 e il 2015 del 177%, raggiungendo quasi la soglia di 4,6 milioni di persone, massimo storico”. I cittadini in povertà assoluta hanno superato il 7,5% della popolazione totale (erano il 3,3% nel 2005). Il fatto che le persone povere siano cresciute più delle famiglie povere implica aritmeticamente che il numero medio dei componenti delle famiglie povere si sia innalzato”, come riporta AdnKronos – non vanno più di moda, evidentemente. Per tutti, tranne che per qualcuno. Non esistono targhe alterne nel cuore di chi lotta; non è così che si combatte l’inquinamento del multiculturalismo.

1 commento

Comments are closed.