Uno dei principali problemi che in questo momento storico attanaglia fortemente il nostro Paese è legato alla cultura e soprattutto alla mancanza di una politica culturale forte e lungimirante, che sappia guidare la società come un faro nella notte.
L’Italia, infatti, ormai da troppo tempo si è scordata di porre la conoscenza al centro del progetto di felicità e prosperità oltre che di crescita della Nazione, lasciandola rilegata in un piccolo angolo senza minimamente preoccuparsene, se non avvalersene a mo’ di contentino politico.
In particolar modo questa forte assenza di una politica culturale attiva e lungimirante si riesce a percepire all’interno dei singoli comuni, dove la scelta di assessori non qualificati è la causa di una rottura del sistema che porta solo allo sperpero di quei pochi fondi destinati a quest’ambito.
La crisi della politica, delle ideologie, dei valori tradizionali, ma anche il crescente e diffuso fenomeno della violenza così come il moltiplicarsi delle guerre locali e l’irrompere del terrorismo nel quotidiano, infatti, sono anch’esse il frutto di una mancanza culturale di fondo: è tempo di una rifondazione storico-culturale ed etica dello Stato ma soprattutto della società e dei singoli cittadini.
E’ necessario sviluppare una cultura critica che si basi, quindi, sulla rielaborazione delle nozioni acquisite, sulla loro analisi e sul confronto delle stesse, permettendo anche la formazione della personalità morale dell’uomo, che ha così più strumenti per poter meglio prendere sia le proprie scelte di vita che quelle legate al bene comune.
Oggi più che mai è necessario tracciare una politica culturale nuova ed efficiente, che si basi sulle conoscenze del passato che non vanno viste come “cose” retrograde o da dimenticare, ma anzi da ristudiare giacché valore aggiunto che coadiuva all’accrescimento culturale e fa comprendere gli errori del passato così come le vittorie: è soprattutto il passato che ci dà il senso di ciò che può funzionare e ciò che invece porterà al più completo disfacimento sociale.
Soprattutto in un profondo periodo di crisi economica, sociale e valoriale, riscoprire la bellezza è il modo giusto per superare questa forte depressione: come ha detto anche Papa Francesco “la bellezza ci unisce” e citando san Giovanni Paolo II, che riprese Dostoevskij, “l’arte ci salverà”.
Ed è proprio così: l’arte e la cultura in senso più ampio sono l’unica medicina capace di curare l’animo umano e con esso anche la società civile.
La cultura ha bisogno di avere un ruolo politico di primaria importanza perché è di pubblica utilità: fin quando non si riuscirà a comprendere questa necessità non si potrà sperare in un futuro più roseo perché la società, o quel poco che ne rimane, si sentirà sempre più lontana dalle Istituzioni, divisa e spersonalizzata, senza valori in cui credere e per cui lottare.