Come qualcuno di voi probabilmente saprà, alcune settimane fa ho scatenato un discreto putiferio raccontando alla BBC della mia “candidatura” alla Casa Bianca attraverso un alter ego – Alex Anderson – che altri non era che il protagonista del mio ultimo romanzo.
Ebbene, se fosse realmente esistito, dopo il terribile sterminio di Orlando Alex avrebbe fatto tre cose, senza pensarci un solo istante: per cominciare avrebbe sospeso la campagna elettorale in segno di rispetto per le vittime, le loro famiglie e la comunità gay, perché non si fa propaganda sulle spalle di cadaveri ancora fumanti. Un attimo dopo avrebbe alzato il telefono per chiamare il presidente Obama, garantendogli vicinanza e supporto e, a chiusura del cerchio, avrebbe rilasciato una dichiarazione a sostegno del presidente – appunto – e a qualsiasi iniziativa finalizzata all’introduzione di regole più stringenti per l’acquisto e il possesso di armi.
Anche in questa tragica circostanza la figura di Alex Anderson torna utile per marcare le differenze tra ciò di cui l’offerta politica americana attualmente dispone – Hillary e Trump – e quello che sarebbe auspicabile esistesse ma che, purtroppo, è solo il frutto della fantasia non soltanto mia, ma di moltissimi americani che non si sentono rappresentati né dall’una né dall’altro.
Ecco, se dovessi dare un titolo al diluvio di dichiarazioni piovute in queste ore, sarebbe sicuramente Show must go on (lo spettacolo deve continuare) perché non soltanto non è venuto in mente a chicchessia di sotterrare per qualche ora l’ascia di guerra ma, al contrario, i toni sono subito divenuti altissimi, con Trump che come prevedibile si è tuffato all’istante nella melma della speculazione e la Clinton che, anziché lasciarlo andare, lo ha subito seguito.
Detto questo, credo che qualche riflessione su quanto accaduto sia opportuno farla.
La questione delle armi: è un vero e proprio Moloch per molti democratici (lo stesso Sanders ha votato contro misure più restrittive) e per la quasi totalità dei repubblicani che, nel corso dei decenni, hanno edificato quote cospicue del loro consenso proprio sulla difesa del Secondo Emendamento. Inutile dire che per costoro più che un’effettiva questione di principio, sia un atto dovuto nei confronti della lobby delle armi (vedi NRA), che li tiene in pugno – per non dire per le palle – avendoli generosamente finanziati, oltre che votati. Appare paradossale che il paese che per molti aspetti effettivamente è “la più grande democrazia occidentale”, consenta a chiunque di entrare in possesso di armi di ogni risma con la stessa facilità con cui si acquista un chilo di banane salvo poi, paradosso nel paradosso, sottoporre l’intera popolazione alle intercettazioni di massa dell’NSA (vedi alla voce Edward Snowden), peraltro con scarsi risultati, visto che Omar Mateen, l’autore della strage, è stato per diversi mesi sotto la lente d’ingrandimento dell’Fbi che, poi, ha ritenuto di mollare la presa. Questo per dire che, quanto alla prevenzione di crimini compiuti da schegge impazzite come quello di Orlando, anche il “Grande Fratello orwelliano” della National Security Agency puo’ davvero poco. Ci vorrebbe qualcosa tipo la PreCrime di Minority Report ma, fino a quando qualcuno non riuscirà dell’impresa di inventarla sul serio, si potrebbe cominciare con la misura apparentemente più banale, ovvero impedire che chiunque possa entrare in possesso di armi, soprattutto se questi è un esaltato già conosciuto dalle Forze dell’Ordine.
La strage un vantaggio per Trump: come noto, la propaganda del front runner repubblicano si abbevera sovente al pozzo della demagogia, anche e soprattutto riguardo a immigrazione e lotta al terrorismo islamico. Il muro al confine col Messico e la chiusura delle frontiere per i musulmani sono le sue sparate più celebri, ma non certo le uniche. Sarebbe sufficiente assistere a uno dei suoi comizi per rendersi conto che tutta la sua campagna è orchestrata non su proposte concrete, ma su parole d’ordine, battute di dubbio gusto e slogan irrealizzabili. Ovvio, dal suo punto di vista, twittare un bel «ve l’avevo detto». Scommetto che, se avete seguito la quarta serie di House of Cards, avrete certamente collegato il finale dell’ultima puntata (in cui i due Underwood contano di far passare in secondo piano un’inchiesta giornalistica che li aveva appena travolti “grazie” all’esecuzione di un ostaggio americano da parte dei fondamentalisti islamici) con la tattica di Trump che, al netto delle estremizzazioni dovute al fatto che nel primo caso si tratta di fiction, in linea di principio è la medesima di quella adottata da Frank Underwood.
Atto di terrore e odio o attentato di matrice islamica: in questo momento trovo oggettivamente inutile arrovellarsi sulla forma, anche perché la sostanza dice che il criminale che ha ammazzato cinquanta persone al Pulse di Orlando è nato e cresciuto negli Stati Uniti dove, oltretutto, lavorava come addetto alla sicurezza. Suppongo che sia quindi poco verosimile pensare a una reale contiguità tra questi e l’ISIS, piuttosto credo che Omar Mateen in qualche modo rappresenti la nuova frontiera del terrorismo di matrice islamica, quella meno controllabile proprio perché non organica ad alcuna organizzazione o cellula, composta da soggetti nati e cresciuti in Occidente che, ad un certo punto della loro esistenza, decidono di sposare la causa criminogena dello stato islamico. Certo è che i precedenti dell’assassino e i deliranti proclami di suo padre completano un quadro inquietante, anche in luogo delle indagini a cui sono stati sottoposti da parte dell’Fbi. «Era noto alle forze dell’ordine»: quante volte abbiamo letto o sentito questa frase? Praticamente sempre, se pensiamo agli attentati di Parigi e a quello di Bruxelles, e in parte anche a San Bernardino. Questo per dire che è fuorviante affermare che un fenomeno simile si possa combattere chiudendo le frontiere, mentre è plausibile pensare che lo si debba fare riaffermando con forza i valori occidentali, risvegliando le coscienze di popoli a cui da troppo tempo sono state sradicate le radici e tolti, così, punti di riferimento, esempi da seguire, guide di cui fidarsi. Dalla più remota delle scuole di periferia, fino al più alto degli scranni in parlamento.
In conclusione, tornando alla partita americana, sono persuaso che questo sia il momento storico in cui i repubblicani possano e debbano trasformare Trump, il loro demone, da minaccia in opportunità, trattandolo alla stregua di una bad company cui lasciare in corpo i toni beceri, la propaganda razzista e la difesa di principi oggettivamente indifendibili come il libero commercio delle armi, appunto. Perderanno le elezioni? Pazienza, tanto comunque il vincitore sarebbe Trump, non certo loro. Sconfitta per sconfitta, tanto vale gettare le basi per costruire una prospettiva nuova e duratura, anziché rassegnarsi alla dittatura della demagogia. Hai visto mai che, magari, tra quattro anni, avranno un Alex Anderson in carne e ossa da sostenere, stavolta convintamente.
In conclusione, tornando alla partita americana, sono persuaso che questo sia il momento storico in cui i democratici possano e debbano trasformare la Clinton, la loro marionetta, da minaccia in opportunità, trattandola alla stregua di una bad company cui lasciare in corpo l’ignoranza totale della politica estera, la propaganda politicamente corretta e la difesa di principi oggettivamente indifendibili come le primavere arabe, appunto. Perderanno le elezioni? Pazienza, tanto comunque il vincitore sarebbero le multinazionali, non certo loro. Sconfitta per sconfitta, tanto vale gettare le basi per costruire una prospettiva nuova e duratura, anziché rassegnarsi alla dittatura del politicamente corretto. Hai visto mai che, magari, tra quattro anni, avranno un Alex Anderson in carne e ossa da sostenere, stavolta convintamente.
Come fa La Repubblica ad inserire suoi articoli sul sito de il Giornale?
Comments are closed.